Terapie intensive vicine alla soglia del 50% dell’occupabilità: oggi sono ricoverate 499 persone, 207 positive al Covid (più 6 nelle ultime 24 ore) e 292 non covid. I ricoverati attuali sono 1.807 (più 62 su ieri) con 1.600 (più 58 in area non critica). In due giorni, sono entrati in terapia intensiva 200 persone. Ieri sono stati effettuati 41.845 test in Veneto, i positivi sono risultate 2.191 persone con un’incidenza del 5,23%. I contagiati complessivi da un anno a questa parte ammontano a 359.247 e 7,86 milioni sono stati i tamponi svolti.

La mortalità continua a rappresentare dati tragici: 10.259 caduti in un anno in Veneto, ieri altri 59. I dimessi sono saliti a 16.948 persone e sono ora 36.442 i Veneti positivi e in cura o quarantena controllata.

Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 11.942 vaccini, 6.546 di prime dosi (in assenza di Astra Zeneca) e 5.410 i cicli completati con le seconde dosi, e prima del blocco il Veneto era arrivato a 17mila/giorno. Su un target di 50mila vaccini/giorno che si raggiungerà con mille300 vaccinatori e addetti. Fondamentale sarà l’apporto dei medici di base e del welfare aziendale. Luca Zaia ha ringraziato imprenditori e categorie economiche e sindacati che si sono messi a disposizione per dare strutture e personale. Anche perchè i primi risultati sono evidenti: nelle RSA della regione si è passati dai 1300 contagiati a dicembre al centinaio di positivi che si registrano oggi.

Questo il calendario delle vaccinazioni: è stata chiamata la classe 1940, 1941, 1939 e 1929. Questa settimana si prevedeva di iniziare le classi dal 1911 al 1932 e 1938. Le classi invece dal 1933 al 1935 sono fissate nell’ultima settimana di marzo. Permangono delle difficoltà nella chiamata degli anziani attraverso lettere o CUP al telefono. 556.366: questo è il totale delle vaccinazione fatte in Veneto, 380mila di prime dosi e 174 mila di richiamo.

Nel frattempo, si profila un ‘déjà vu’ anche per la manodopera delle aziende agricole italiane, a breve impegnate nella campagna primaverile di raccolta. Molti lavoratori sono rientrati nei Paesi d’origine nel 2020 per sfuggire alla pandemia e non sono più tornati, altri non riescono a raggiunge l’Italia a causa dei blocchi alle frontiere. Il risultato, per un settore dove il 32% dei suoi operai è straniero, è una tendenza generale negativa sui nuovi contratti di lavoro e una conseguente situazione di allarme per la prossima raccolta di primavera, con l’assegnazione delle quote di lavoratori extracomunitari stagionali previste dal decreto-flussi 2020 che procede a rilento in diversi territori e un decreto 2021, che dovrebbe assegnare ulteriori quote, ancora fermo.

Inoltre, la stragrande maggioranza delle domande di regolarizzazione dei lavoratori impiegati in agricoltura non è ancora stata esaminata dalle Prefetture. Ad alimentare ulteriormente l’incertezza sono poi i contratti di lavoro stagionale instaurati in seguito alla presentazione dell’istanza di regolarizzazione: questi hanno già esaurito la loro durata naturale senza che l’iter amministrativo di regolarizzazione sia stato concluso. Si tratta di 30.000 lavoratori già presenti e dichiarati che vanno messi nella condizione di continuare a lavorare regolarmente nel più breve tempo possibile.