Ulteriori servizi a sostegno dei nuovi bisogni evidenziati dalla pandemia; la valorizzazione del ruolo del volontario; una nuova identità a livello provinciale; una rinnovata capacità di attrarre le risorse sempre più necessarie al Terzo Settore sociosanitario. Sono i quattro punti nell’agenda di Giancarlo Montagnoli, nuovo presidente di Fevoss, la Federazione dei servizi di volontariato sociosanitario fondata nel 1987 da Alfredo Dal Corso (oggi presidente dell’omonima Fondazione) e che dal 2016 – quando i sei gruppi territoriali che la componevano si sono costituiti a loro volta come associazioni – è diventata una Federazione. L’assemblea ha infatti eletto come nuova guida Montagnoli, 73 anni, un passato da insegnante, da sindacalista e da amministratore pubblico (è stato consigliere comunale e assessore nella Giunta Zanotto). Entrato in Fevoss lo scorso settembre come volontario, succede a Renzo Zanoni, in carica dal 2019.

Presidente, il suo mandato inizia in un periodo complesso a causa dell’emergenza sanitaria e della conseguente crisi economica e sociale. Come reagisce Fevoss di fronte a questi nuovi bisogni?

La pandemia ha messo in luce le disuguaglianze. Di conseguenza, la nostra attività deve essere pronta a intervenire. Abbiamo 26 pulmini in tutta la provincia che accompagnano anziani o disabili nei luoghi di cura: abbiamo potenziato il servizio per favorire il trasporto degli anziani convocati per negli hub in tutta la provincia (a Verona, a San Bonifacio, a Legnago e  a Bussolengo) per la vaccinazione anti-Covid. Inoltre, è aumentata in maniera esponenziale la distribuzione dei pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà, fino a oltre 300 ogni mese. E in questo senso la crisi ha spazzato via ogni distinzione: non più solo stranieri ma anche molti italiani. Ora siamo pronti a mettere a disposizione anche i nove ambulatori in cui le nostre associazioni federate sul territorio e i gruppi svolgono assistenza medica: se le strutture fossero ritenute adatte, potrebbero essere utili ai medici di base e agli odontoiatri che, impegnati nella vaccinazione di massa, dovessero avere difficoltà a eseguirla nel loro studio.

Quali altri obiettivi si pone come presidente?

Il “biglietto da visita” della Fevoss sono i nostri quasi 400 volontari: i volti dei nostri autisti, degli operatori sanitari che lavorano in ambulatorio, di chi distribuisce i pacchi alimentari per le famiglie, di chi sostiene le persone in difficoltà, secondo lo spirito originario della Fevoss. Occorrerà dare loro il giusto riconoscimento e nello stesso tempo una riconoscibilità uniformandone lo stile, anche attraverso nuovi appuntamenti di formazione non appena la situazione sanitaria lo consentirà. Come primo segno di attenzione nei loro confronti, abbiamo chiesto alle autorità preposte di procedere quanto prima alla vaccinazione, almeno per il centinaio di figure più operative e a contatto con le persone.

A proposito di volontari, la pandemia ha ridotto anche l’offerta in questo campo?

Fortunatamente c’è sempre chi si propone nonostante il timore del contagio. Ma nello stesso tempo l’impegno e la disponibilità, soprattutto dei più anziani, ne ha risentito. E i due terzi dei nostri volontari sono pensionati. Quindi siamo sempre alla ricerca di persone che dedichino il loro tempo, sia per un ricambio generazionale, che per trovare professionalità che ci sarebbero utili come autisti, personale sanitario, ma anche giovani abili con l’informatica e i social network, per i quali peraltro un’esperienza nel volontariato sarebbe anche ben spendibile in termini di curriculum.

La Fevoss è conosciuta dai veronesi forse più come associazione, per i servizi che offre. Quale il valore aggiunto, invece, della Federazione?

L’idea è di dare alla Fevoss, già presente in 19 Comuni del Veronese, una nuova identità a livello provinciale svolgendo un compito di coordinamento e sostegno delle attività delle associazioni sul territorio, oltre che di rappresentanza nei confronti delle istituzioni pubbliche e dei soggetti privati con cui queste interloquiscono. Siamo in una fase difficile per tutti e le necessità aumentano: vorremmo diventare collettori di risorse, umane ma anche economiche, da tradurre in servizi per chi è in difficoltà. Rafforzando una rete anche con altre associazioni del territorio che già esiste, ma va resa pronta a intercettare i nuovi bisogni e le nuove povertà.