Due giorni fa il professor Mazzucco, presidente della Fondazione Cariverona, socia della Catullo spa, in un’intervista sul Corriere di Verona, s’è dichiarato disponibile a rilevare le quote della veneziana SAVE (40%). L’intento è riportare sotto il controllo di Verona l’aeroporto che è un’infrastruttura essenziale per la ripresa e lo sviluppo dell’economia veronese e di tutta la “Regione del Garda” che comprende anche le province di Trento, Brescia, Mantova, Vicenza e Bolzano. Tutti sanno che invece la gestione SAVE ha privilegiato gli scali di Venezia e Treviso. Ultima prova in ordine di tempo il finanziamento ottenuto in vista delle Olimpiadi del 2026 di oltre 50 milioni di euro per l’aeroporto trevigiano e 500 milioni di euro per quello veneziano a fronte di zero euro per quello veronese.
Oggi è arrivata la risposta di Enrico Marchi, presidente di SAVE, che dice di non avere alcuna intenzione di vendere. Anzi, semmai, lui vuole comprare. Sarà vero? Perché mai dovrebbe andare in cerca di spendere dei soldi comprando altre quote visto che con il 40% fa alto e basso quello che vuole?
Marchi è un abile uomo d’affari. E dicendo al bravo Lillo Aldegheri, che “c’è la coda di possibili acquirenti”, è evidente che vuol alzare il prezzo. Tipico di chi vuol valorizzare la propria merce. E quando afferma che il Catullo sarebbe “un vero gioiello” quando il suo decadimento è sotto gli occhi di tutti, è evidente che racconta un film che ha visto solo lui.
Marchi, grazie alla compiacenza di alcuni soci veronesi, s’è impossessato di due aeroporti (Verona e Montichiari) con due concessioni quarantennali con appena 23 milioni di euro. Acquisire delle altre quote, magari di qualche socio pubblico e con una pipa di tabacco, e poi rivendere a qualcuno di quelli che fanno la coda per alcune centinaia di milioni di euro sarebbe proprio un bell’affare. Ma è mai possibile che i veronesi stiano a guardare?