Fra un anno saremo in campagna elettorale per le comunali. Liste e candidati presenteranno il programma, via di mezzo fra il libro dei sogni e un copia/incolla di cose che non si faranno. Basterebbe invece presentarsi agli elettori dichiarando una cosa semplice e chiara: mi impegnerò per tirar fuori Verona dalla marginalità in cui s’è cacciata per farle riprendere il suo ruolo.

In Veneto c’è uno squilibrio: tutto il potere è concentrato nel triangolo Venezia-Padova-Treviso. Verona non conta niente. A questa situazione bisogna porre rimedio. Amministrare non basta più! Ci vuole una visione, un’idea forza che ispiri ogni atto e questa non può che essere ridare a Verona la centralità che le ha conferito la natura e la storia. Il resto sono chiacchiere. Siamo crocevia dei corridoi nord-sud ed est-ovest, centro geo-politico di una delle aree più produttive d’Europa (la Regione del Garda) comprendente le province di Trento, Bolzano, Brescia, Mantova e Vicenza (4,5 milioni di abitanti).

E non si tratta di costruire da zero. Delle aggregazioni geo-politiche ed economiche esistono già. Si tratta di prendere atto di ciò che è nell’ordine delle cose e che è percepito come esigenza dagli operatori economici, dagli amministratori e dagli stessi cittadini. E non si tratta di fare nessuna rivoluzione, ma di acquisire una visione complessiva del mosaico e cominciare a comporne le tessere. 

Un primo passo è stato fatto con la fusione AGSM-AIM, allargabile alle “sorelle” di Trento e Bolzano, e magari anche di Mantova, aggiungendo un’altra tessera del mosaico di cui fa già parte un’ importante istituzione finanziaria, la Fondazione Cassa di Risparmio, che rappresenta i territori di Verona, Vicenza e Mantova.

Tale processo non può prescindere dalla Fiera, una delle quattro più importanti d’Italia. Il mercato globalizzato impone di aggregazioni. Quella con al Fiera di Vicenza sarebbe stata la più naturale. Venne fatta saltare soltanto per una miope visione del management scaligero. Ora Vicenza è parte del polo fieristico bolognese; bisogna crescere cercando capitali veronesi per fare massa critica e muoversi sul mercato prima di venir fagocitati da Milano.

In quest’area un’importantissima voce del Pil è il turismo. Il Garda vive di turismo, importantissimo anche per le province di Trento e Bolzano, per le città d’arte come Verona e Mantova. Le Olimpiadi 2026, con il coinvolgimento delle Dolomiti e la cerimonia di chiusura all’Arena di Verona, sono un’ imperdibile  occasione.

Anche l’Università di Verona è un importante fattore di coesione della “regione del Garda”. Sinergie sono possibili con Vicenza e Mantova, che non hanno un loro ateneo, e con le Università di Trento e Brescia. Ci sono solide basi culturali sulle quali costruire, a cominciare dalla Fondazione Arena, che gestisce il più grande teatro del mondo. Ma c’è anche un grande patrimonio culturale da valorizzare diffuso su tutto questo territorio.

Ma il più potente fattore che può innescare l’integrazione delle province di Verona, Trento, Vicenza, Mantova, Brescia, Bolzano, estensibile anche a quelle di Cremona e Rovigo è l’Aeroporto. Anzi i due aeroporti, perché c’è anche quello di Montichiari, complementari l’un l’altro, in quanto il primo imperniato sul traffico passeggeri, il secondo sulle merci. Un polo aeroportuale “a due teste” con bacino d’utenza una delle zone più produttive del mondo, ad alto tasso di scambio di persone e di cose, in posizione strategica, allo sbocco dell’asse del Brennero sul quale passano tutti i traffici fra il Mediterraneo e l’Europa Centrale, accanto al Quadrante Europa, uno dei centri logistici più importanti d’Italia.

A causa di cattive gestioni era stato dato in mano improvvidamente alla veneziana Save che si è ben guardata dal fare investimenti. Ed è stato affossato. Ora però il suo rilancio è indispensabile se si vuol avviare la ripresa post-pandemia dell’area. Le condizioni geo-politiche ci sono tutte. E non manca neanche chi vorrebbe investire su quello che può diventare uno dei più grandi aeroporti italiani. Basta la volontà politica. Ed una visione che spinga lo sguardo oltre il limite angusto dell’interesse particolare.