(di Stefano Tenedini) La definizione è neutra, secondo lo stile sobrio di Confindustria, ma la delusione è comunque evidente: in marzo c’è stata una “sostanziale stabilizzazione” della produzione industriale, ma è comunque un segno negativo, anche se è pari solo al -0,1%. Chiaro che dopo gli aumenti rilevati a febbraio (+0,6%) e a gennaio (+1%), si nutrivano ben altre speranze e prospettive: ma anche se non è una doccia fredda, di sicuro è una frenata. Invece per i prossimi mesi rimane ancora presente la sensazione di un “cauto ottimismo”, a cominciare proprio dal primo trimestre 2021 per il quale si stima un incremento dell’1% complessivo rispetto al quarto trimestre del 2020.

Sono le rilevazioni congiunturali curate dal Centro Studi di Viale dell’Astronomia, che prende atto dell’interruzione in marzo della crescita dell’attività dell’industria italiana. I toni restano positivi: “Nonostante un aumento delle restrizioni in Italia l’industria conferma dunque la buona tenuta, sostenuta in questa fase dall’accelerazione della domanda estera. La domanda interna, meno dinamica a causa delle limitazioni negli spostamenti e nello svolgimento di varie attività, incide sul comparto terziario che nel primo trimestre del 2021 zavorra la dinamica del PIL, attesa in marginale arretramento. Le indagini qualitative (Istat e Pmi manifatturiero) confermano però il cauto ottimismo sull’evoluzione della domanda nei prossimi mesi, in linea con le rassicurazioni del governo sulla rapida ed efficiente evoluzione della campagna vaccinale”.

Congiuntura Confindustria

Come anticipato, il Centro Studi Confindustria rileva comunque che dopo l’arretramento a marzo la produzione industriale è stimata in crescita dell’1% nel primo trimestre, a fronte di un -0,7% rilevato dall’Istat nel quarto periodo 2020. La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è cresciuta del 38,4% a marzo rispetto allo stesso mese del 2020, mentre in febbraio era diminuita dello 0,4% sui dodici mesi. Come volume gli ordini a marzo sono stati superiori dello 0,7% rispetto a febbraio, con un +40,5% su marzo 2020, nel pieno del lockdown iniziale. Infatti per Confindustria “le variazioni tendenziali abnormi rilevate in marzo sono da mettere in relazione con i livelli di attività molto bassi che erano stati toccati un anno fa, in seguito all’introduzione di misure molto restrittive sull’attività dell’industria nell’intero territorio nazionale, che avevano comportato il blocco normativo di oltre il 50% delle imprese industriali e un calo della produzione di quasi il 30% rispetto al mese precedente e a marzo 2019”.

Nonostante la battuta d’arresto rilevata in marzo, nel primo trimestre del 2021 l’industria italiana conferma quindi una buona tenuta, avendo registrato un significativo incremento di attività (+1,0%, ma con considerevoli variazioni nei diversi settori) pur in un contesto di pandemia non ancora sotto controllo: il numero dei nuovi casi è infatti quasi raddoppiato tra febbraio e marzo, e per questo sono state rafforzate le misure restrittive. Lo stringency index, che misura in un indice da 0 a 100 le limitazioni introdotte per frenare la diffusione del virus, è salito a marzo a 84,3, poco sotto i livelli di un anno fa. La buona performance dell’industria contribuisce positivamente al PIL nel primo trimestre. Tuttavia a causa della dinamica negativa dei servizi – specie quelli legati alla filiera turistica (ancora in difficoltà) – la variazione del Pil gennaio-marzo è attesa lievemente negativa rispetto a fine 2020.

Le indagini qualitative hanno mostrato un ulteriore miglioramento delle valutazioni degli imprenditori sulla situazione attuale, con un moderato ottimismo sulle prospettive della domanda nei prossimi mesi. La fiducia delle imprese manifatturiere è salita di 1,7 punti da febbraio (a 101,2 pari al massimo da luglio 2019 e sopra i livelli di inizio 2020). L’aumento dell’indice è spiegato da più favorevoli giudizi e attese su produzione e ordini. Sono inoltre migliorate anche le valutazioni sull’andamento corrente e atteso dell’export, pur essendo stati segnalati due fattori che tendono ad ostacolarlo: l’aumento dei costi delle materie prime (il saldo è a 13,5 da un 8,2 del trimestre precedente) e l’allungamento dei tempi di consegna (saldo a 9,4 da 4,7) a causa dei ritardi lungo la filiera. Indicazioni simili vengono dall’indagine Ihs-Markit sul Pmi manifatturiero: l’indicatore generale è salito in marzo ai massimi da 21 anni (al 59,8 dal 56,9 di febbraio), con gli indici relativi a produzione e ordini tornati sui valori di inizio 2018. E sono aumentate le pressioni sui costi, sia per i prezzi più elevati delle materie prime che per i ritardi nella catena della fornitura, con i tempi medi di consegna che si sono allungati al livello maggiore dal picco di aprile 2020.

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Paolo Errico, Ceo di Maxfone e presidente delle PMI di Confindustria Veneto

“Onestamente pensavo che saremmo andati un po’ meglio”, è il commento di Paolo Errico, l’imprenditore veronese Ceo di Maxfone e presidente delle Pmi venete di Confindustria. “E se partisse bene il sistema manifatturiero sarebbe un importante indicatore di ripresa per tutta l’industria. Ma di fatto continuiamo a scontare una situazione generale di incertezza anche a livello mondiale: in linea di massima quasi tutti i big sono rimasti sui livelli di ricavi del 2019, mentre una parte rilevante, quella dei produttori medio-piccoli è in sofferenza, soprattutto in alcuni settori. A parte il turismo e gli eventi dove ormai lo stato di crisi è in una situazione cronicizzata, e in cui bisognerà attendere autentiche vaccinazioni di massa per poter sperare in una ripresa seria, mi preoccupa la parte dei servizi, dove il recupero è sempre atteso qualche mese dopo la ripartenza dell’industria. Penso anche che per forza gli investimenti verranno ridefiniti seguendo una logica di maggiore prudenza, con acquisti fatti solo in base a ciò che serve davvero per andare avanti. Per le Pmi”, conclude Errico, “rimane fondamentale pensare anche a una moratoria sui finanziamenti e all’allungamento del debito almeno a 10 -15 anni, altrimenti sarà impossibile uscirne senza gravi danni”.

Fin qui l’Italia. E all’estero come sta andando? Il contesto industriale appare in significativo miglioramento anche nel resto d’Europa, sottolinea il Centro Studi di Confindustria (con la Germania e i Paesi Bassi in testa), e ciò fa ben sperare per la domanda estera nei prossimi mesi. Di fronte alle indicazioni favorevoli sulla dinamica dell’industria, occorre però essere consapevoli che un’ampia fetta dell’economia italiana – quella dei servizi, che copre circa i tre quarti del valore aggiunto nazionale – risulta ancora in forte sofferenza e potrà ripartire pienamente soltanto quando la curva dei contagi tornerà a calare e le restrizioni verranno gradualmente rimosse. “Sotto questo profilo è dunque cruciale che la campagna vaccinale proceda in maniera rapida ed efficiente come garantito dal governo; se ciò non accadesse il rischio è che l’attesa ripresa tardi ancora ad avviarsi”, conclude il CS degli industriali.