(di Stefano Tenedini) Il governo (il Conte 2 prima e quello guidato da Mario Draghi ora) sta riconoscendo alle imprese un mare di soldi (per ora quasi solo sulla carta, ma l’impegno è stato preso). Eppure la drammatica realtà è che non può bastare, perché non copre né le perdite, né i costi fissi né tantomeno il calo di fatturato causato dalle chiusure forzate.
È quanto emerge da un’accurata analisi dell’ufficio studi della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole e medie imprese) di Mestre, uno dei think tank più preparati del Nord Est e tra i più efficaci nel valutare gli effetti macroeconomici delle scelte della politica. In sintesi, gli aiuti diretti stanziati alle imprese e ai lavoratori autonomi nel primo anno della pandemia, e speriamo non siano necessari a lungo, ammontano a 64,7 miliardi. Risorse, comunque, che secondo la CGIA in buona parte devono essere ancora erogate. La stima è che finora gli imprenditori italiani abbiano beneficiato di 27 miliardi, mentre le risorse ascrivibili alla legge di Bilancio 2021 e quelle riconducibili al Decreto Sostegni mostreranno un effetto positivo principalmente nel corso di quest’anno. Sebbene in termini assoluti questi 64,7 miliardi costituiscano un importo rilevante, se rapportati ai circa 350 miliardi di riduzione del fatturato registrato dalle aziende italiane nel 2020, tuttavia compensano solo il 18,5% dei mancati ricavi totali. È evidente come questo imponga al governo Draghi la necessità di cambiare registro sul fronte delle misure a sostegno delle imprese e degli autonomi.
Servono aiuti più pesanti. In pratica oltre a rimborsare le imprese in misura maggiore per le perdite subite, secondo la CGIA bisogna compensare anche buona parte dei costi fissi, così come fanno Francia e Germania che da mesi hanno recepito le disposizioni introdotte dalla UE in materia di aiuti di Stato. I costi fissi (come gli affitti, le assicurazioni oppure le bollette energetiche), seppure le chiusure e il conseguente azzeramento dei ricavi siano un obbligo, le attività economiche devono purtroppo continuare a sostenerli. “Se i nuovi aiuti saranno stanziati con una certa continuità e con dimensioni economiche accettabili, almeno fino alla fine di quest’anno, come ha annunciato il ministro dell’Economia Daniele Franco, possiamo ancora farcela”, puntualizzano gli Artigiani e Pmi di Mestre. “Altrimenti rischiamo la chiusura generalizzata di tante botteghe artigiane e altrettanti piccoli negozi, che provocherà la desertificazione sia dei centri storici che dei quartieri periferici. È vero che questa ulteriore spesa corrente contribuirebbe ad aumentare il debito pubblico, ma è altrettanto evidente che se non salviamo le imprese e i posti di lavoro è impossibile porre le basi per rilanciare l’economia italiana. Cioè l’unica possibilità di ridurre nei prossimi anni la mole di debito pubblico che abbiamo accumulato con questa crisi spaventosa”.
I contributi a fondo perduto. Tornando alle risorse stanziate fino a ora per le imprese, 27 miliardi sono stati erogati l’anno scorso, mentre altri 38 miliardi circa lo saranno nel corso dei prossimi mesi. Di questi ultimi, 24 sono riconducibili alle misure introdotte con la legge di Bilancio 2021 e altri 11 alle disposizioni inserite nel Decreto Sostegni. Valutando le voci principali, spiccano i 22,8 miliardi di contributi a fondo perduto stanziati nel complesso, di cui 11,3 già accreditati. Altrettanto significativa è la decontribuzione Inps per le aziende in caso di assunzione, che raggiunge un importo totale di 9,2 miliardi. Nel solo 2021 sono poi disponibili 6,3 miliardi di credito di imposta per far ripartire gli investimenti, 5,1 miliardi di sgravi per la sanificazione dei locali o per i canoni di locazione e 3,9 miliardi del taglio Irap applicato l’anno scorso. Infine è di 13,7 miliardi la voce “altri interventi”, inclusi ristori alle fiere e congressi, aiuti alla filiera agricola e pesca e la riduzione sulle bollette elettriche.
Decreto Sostegni: alcuni esempi. Un’analisi specifica merita il Decreto Sostegni, la prima misura economica varata dal governo Draghi. La CGIA ha esemplificato attraverso alcune simulazioni l’entità del contributo a fondo perduto che le attività maggiormente colpite dagli effetti negativi provocati dal Covid riceveranno nelle prossime settimane. A un bar che nel 2019 ha fatturato 90 mila euro e a causa della pandemia l’anno scorso ha perso il 50% del fatturato, verrà riconosciuto un importo di 2250 euro, equivalente a un 5% della perdita subita. A un’agenzia di viaggi che nel 2019 ha registrato un fatturato di 200 mila euro ma l’anno scorso ha subito un calo dell’80%, sarà riconosciuto un rimborso di 6.667 euro, pari al 4,2% della perdita di fatturato. Un albergo che nel 2019 ha fatturato 500 mila euro e nel 2020 ha visto contrarsi i ricavi del 60%, riceverà 10 mila euro, che copriranno il 3,3% delle perdite. Una piscina o una palestra con un fatturato di 2 milioni e un calo del giro d’affari registrato nel 2020 del 75%, porterà a casa (si fa per dire) 37.500 euro, pari al 2,5% della perdita subita.
Per concludere, il caso limite di un’azienda tessile che nel 2020 ha segnato una perdita del 35% sul fatturato di 7 milioni registrato nel 2019. Ebbene, a questa piccola impresa, tanto spesso decantata dalla politica come la rappresentante della spina dorsale dell’economia nazionale, verrà riconosciuta una somma di 40.833 euro. Esatto: poco più di 40 mila euro: un indennizzo che compenserà solo l’1,7% delle perdite. Anzi, fino a qualche settimana fa questa cifra veniva definita graziosamente ristoro, come il panino preso al volo in autogrill. Ciascuno può provare a tradurre questo termine nella propria immaginazione, pensando agli imprenditori che lo incasseranno tentando di far quadrare i conti, di salvare l’impresa e di assicurare ai loro dipendenti un lavoro e uno stipendio dignitoso.