Tremila interventi di duodenocefalopancreasectomia in 20 anni: un traguardo, quello raggiunto dall’unità di chirurgia dell’Istituto del pancreas di Verona, che solo pochissime istituzioni al mondo possono vantare e che è al centro di un articolo pubblicato dalla principale rivista di chirurgia internazionale, Annals of Surgery. Detta anche procedura di Whipple, è considerato il più complesso intervento di chirurgia generale per il trattamento dei tumori della testa del pancreas, tra cui l’adenocarcinoma.
Lo studio “Pancreatoduodenectomy at the Verona Pancreas Institute. The Evolution of Indications, Surgical Techniques and Outcomes: A Retrospective Analysis of 3000 Consecutive Cases” ha rivalutato criticamente l’evoluzione della duodenocefalopancreasectomia negli ultimi vent’anni. I risultati di 3000 resezioni consecutive hanno rivelato che, seppure i pazienti siano sempre più fragili e la chirurgia sia diventata più complessa, l’assistenza perioperatoria ha consentito di mantenere risultati soddisfacenti.
Autore corrispondente della ricerca è Claudio Bassi, docente di chirurgia generale all’università di Verona e direttore dell’unità di chirurgia del pancreas, mentre hanno contribuito anche Giovanni Marchegiani, Tommaso Giuliani, Anthony Di Gioia, Stefano Andrianello, Caterina Costanza Zingaretti, Giacomo Brentegani, Matteo De Pastena, Martina Fontana, Antonio Pea, Salvatore Paiella, Giuseppe Malleo, Massimiliano Tuveri, Luca Landoni, Alessandro Esposito, Luca Casetti e Roberto Salvia. Sono stati coinvolti anche Giovanni Butturini e Massimo Falconi, ex-componenti del gruppo di Chirurgia del Pancreas di Verona, dirigono attualmente le unità di Chirurgia del Pancreas dell’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda e dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
“La duodenocefalopancreasectomia – spiega Bassi – si è evoluta in modo significativo a Verona negli ultimi vent’anni grazie a un approccio multidisciplinare per la gestione del periodo postoperatorio, che coinvolge, oltre ai chirurghi, anestesisti rianimatori, endoscopisti, radiologi interventisti, e infettivologi dedicati. Attualmente vengono eseguiti interventi chirurgici di maggiore complessità su soggetti sempre più fragili, principalmente per cancro al pancreas e spesso dopo chemioterapia neoadiuvante. Tuttavia, la progressione di tutti i campi della chirurgia pancreatica, compreso l’uso in espansione di strategie di mitigazione della fistola postoperatoria, ha raggiunto risultati molto soddisfacenti”.
Il lavoro è stato suddiviso in quattro periodi di cinque anni analizzati in termini di indicazioni, caratteristiche intraoperatorie e risultati chirurgici con un disegno before-after. Nel tempo sono aumentati i casi a maggiore rischio anestesiologico e i casi non-benchmark (cioè quelli a maggiore rischio generale). L’adenocarcinoma pancreatico è stata la più comune indicazione all’intervento e le complicanze maggiori sono state il 20%, il failure-to-rescue è risultato dell’11.3% con un tasso di mortalità a 90 giorni del 2.3%. L’incidenza di fistola pancreatica, sanguinamento postoperatorio e ritardato svuotamento gastrico, le tre complicanze più comuni, è stata rispettivamente del 22.4%, 13.4% e 12.4%, in linea con i dati di letteratura riportati da diverse altre istituzioni leader internazionali.
“Gli interventi in chirurgia addominale maggiore – aggiunge Bassi – sono complessi sia per aspetti tecnici che per le loro complicanze ma nonostante questo i risultati postoperatori sono rimasti inalterati, a confermare che l’esperienza e l’integrazione multidisciplinare con gli altri specialisti dell’Istituto del pancreas sono di fondamentale importanza per garantire ai pazienti il miglior percorso di cura”.