(di Paolo Danieli) Aveva ragione lei. M’ero illuso che Draghi fosse capace di un cambio di passo. Speravo che invertisse la deriva dell’Italia, che avendo dimestichezza con il denaro fosse in grado di fare arrivare alle categorie in difficoltà i soldi per non chiudere. Credevo che il suo credito internazionale ci facesse arrivare la quantità di vaccini sufficiente. Mi illudevo che l’aura di santità che lo circonda funzionasse, se non per fare miracoli, almeno per dare un segnale di cambiamento. Mi sembrava logico prevedere che l’enorme maggioranza parlamentare di cui s’avvale gli permettesse di governare con decisione, andando anche giù di brutto se serve.
Invece niente. Sono passati tre mesi: non è cambiato niente. Il generale al posto di Arcuri è troppo poco. La gente è più incazzata di prima. Il tempo passa, i problemi restano. Anzi s’aggravano. E in più c’è la disillusione di chi in Draghi aveva riposto speranze. E la gente comincia ad andare in piazza.
Aveva ragione lei: la Meloni. L’unica che c’ha visto dentro. L’unica che pur con un atteggiamento rispettoso e collaborativo, è rimasta fuori dal governo. Lei che, convinta che solo un governo con una grande legittimazione popolare avrebbe potuto risolvere la situazione, voleva le elezioni. Invece niente. Pur di evitarle hanno messo Draghi, “el pì bel de la coà”, il meglio che hanno, quello che ne sa una pagina più del libro, quello che ha le conoscenze giuste e ha un credito internazionale. Ma i miracoli promessi non si son visti. Da uno come Draghi ci si aspettava che il sindaco e la giunta di Corleone che si sono fatti il vaccino sottraendolo a chi ne aveva diritto prima di loro la sciogliesse. Ma non lo ha fatto. E agli altri che hanno saltato la fila ha fatto solo un prudente rimprovero. In compenso ha dato del dittatore a Erdogan facendo saltare dei contratti milionari con delle aziende italiane. Aveva ragione lei. Governare un paese non è come dirigere una banca.