“L’aumento di capitale dell’aeroporto Catullo non sia da parte dei soci pubblici un’altra cambiale in bianco a Save, usando i soldi della collettività. Occorre, piuttosto, cambiare la governance, servono investimenti certi e bisogna aprire al mercato internazionale”. Lo afferma il consigliere regionale Stefano Valdegamberi (Gruppo Misto).
“Cari soci pubblici dell’aeroporto Catullo, voglio fare alcune riflessioni con voi – esordisce il presidente dell’associazione ‘Vale Verona’ – L’ingresso di Save nella compagine societaria del Catullo aveva lo scopo di far entrare un partner industriale in grado di finanziare le opere di rilancio del piano industriale approvato nell’assemblea dei soci del luglio 2013 e, soprattutto, dare senso allo scalo di Brescia. Nel 2015 Riello affermava che ‘la scelta di partnership con Save si conferma la scelta migliore, concreti i piani industriali di medio-lungo termine. Presto i lavori’. Il piano, presentato un anno dopo le sue dichiarazioni, prevedeva un dimezzamento degli investimenti: da 138 decisi nel 2013 a soli 66 milioni. E questi investimenti che hanno riempito di roboanti annunci i media, poi, chi li ha mai visti? Ad oggi, questi investimenti di rilancio del terminal non sono stati realizzati, eppure abbiamo fatto entrare un partner industriale con uno scopo ben preciso. Nel frattempo, aeroporti concorrenti come Bologna, Bergamo, Venezia e Treviso, hanno investito centinaia di milioni in infrastrutture aeroportuali e i risultati si vedono”.
“In questi cinque anni – ricorda Valdegamberi – Save non ha mai avuto una strategia industriale chiara e definita per il Catullo se non quella di ridimensionare e drenare il traffico ricco e internazionale dal territorio del Garda verso Venezia. Ricordiamoci che Save, a cui la politica e il mondo imprenditoriale veronese, a quel tempo, ha firmato una cambiale in bianco, di fronte a promesse mai contrattualizzate e mai realizzate, non era l’unico investitore interessato a sviluppare, e non a congelare, com’è successo, l’aeroporto di Verona. Tra tutte, rammento una lettera d’interesse rivolta al presidente Riello di Aerogest (società che raggruppa i soci pubblici all’interno del Catullo), e al sindaco Sboarina, da parte del fondo australiano ‘First State’, anche questa lasciata cadere nel vuoto. Poiché il partner Save non ha fatto alcun investimento promesso sul Catullo, anzi ha ridimensionato quelli già programmati prima, lascia ben intendere che la sua strategia è quella di ridimensionare lo scalo di Verona”.
“Ora, i soci pubblici sono chiamati a procedere con l’aumento di capitale di 36 milioni di euro – evidenzia il consigliere regionale – Mi auguro che almeno gli stessi soci non cadano due volte nello stesso tranello. Devono vincolare l’aumento di capitale a un nuovo piano industriale, che non dev’essere il progetto ‘Romeo’ ridimensionato, che si sarebbe già dovuto fare nei cinque anni precedenti. Ricordiamoci che la Catullo Spa è molto appetibile sul mercato internazionale. I soci, se non hanno i soldi per sviluppare il terminal, visto che quelli promessi da Save e enunciati a più riprese dai suoi fedeli servitori locali non sono mai arrivati, si aprano al mercato con una gara a evidenza internazionale che, a mio avviso, avrebbe un successo enorme”.
“L’aumento di capitale sarà positivo solo se si cambierà la governance del Catullo e se ci si aprirà al mercato – auspica in conclusione Stefano Valdegamberi – Cosa che ho invocato a suo tempo mentre tutti brindavano allo sposalizio fallimentare con Save. Spero che non siano gli interessi di un socio a prevalere su quelli generali dell’economia del nostro territorio”.