I lavoratori autonomi, i giovani e le donne hanno pagato il prezzo più alto della crisi pandemica. Nell’ultimo anno sono ‘scomparsi’ dal mercato del lavoro 355mila occupati indipendenti, 264mila occupati under 35 e le lavoratrici autonome sono diminuite del 6%. A denunciare l’impatto della crisi sulle diverse categorie di lavoratori è Confartigianato, che nei giorni scorsi ha illustrato i dati durante l’audizione alla Commissione lavoro della Camera sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro.
“Confartigianato ha sollecitato misure urgenti per rilanciare l’occupazione, in particolare quella giovanile – spiega Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona –, e investimenti sulla formazione e sulle competenze dei lavoratori. Abbiamo anche chiesto di rimuovere gli ostacoli che scoraggiano le imprese ad assumere. In particolare sui contratti a termine, sollecitiamo l’eliminazione strutturale dell’obbligo di indicare la causale e del contributo addizionale previsto in occasione di ciascun rinnovo. Inoltre, la nostra Confederazione chiede di garantire la possibilità per tutte le imprese di continuare ad utilizzare il lavoro agile in maniera semplificata”.
Sul fronte delle politiche attive del lavoro, i rappresentanti dell’artigianato e delle piccole imprese sostengono la necessità di una riforma del sistema di orientamento scolastico e professionale con il rilancio degli Istituti Professionali e degli Istituti Tecnici, investimenti sulle competenze professionali a cominciare dall’uso delle tecnologie digitali e puntando sull’apprendistato duale e professionalizzante. Sollecitata anche l’operatività del Fondo Nuove Competenze almeno per tutto il 2021 e una dotazione finanziaria adeguata ai Fondi Interprofessionali.
“C’è poi la nostra ferma opposizione – aggiunge il Presidente della Confartigianato provinciale – alle prime ipotesi di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, che sembrano fare riferimento ad un unico modello per tutti i lavoratori e tutte le imprese, con una graduazione di tutele in base alle dimensioni aziendali. Il mondo dell’artigianato – che per primo è stato sensibile al tema dell’universalità delle tutele, costituendo un Fondo di solidarietà bilaterale a sostegno di tutte le imprese artigiane, anche di quelle con un solo dipendente – oggi chiede fortemente che non vengano cancellate le caratteristiche specifiche del proprio sistema di sostegno al reddito, con aliquote e prestazioni tagliate su misura per le imprese artigiane, espressione di un modello di relazioni sindacali basato sui principi della partecipazione, della mutualità e della sussidiarietà. L’attacco ai Fondi bilaterali è un attacco ai corpi intermedi e alla democrazia! Non è la disciplina identica che crea un sistema equo, tutt’altro. Regole uguali per tutti, senza valorizzare le differenze specifiche, porterebbero alla costruzione di un sistema diseguale e iniquo”.
In provincia di Verona, nel 2020, sono circa 19.700 i dipendenti dell’artigianato che hanno fatto almeno un mese di cassa integrazione pagata da Fsba tramite Ebav, corrispondenti a circa 5.500 aziende artigiane veronesi non edili. Da tali numeri, infatti, è esclusa l’edilizia, che peraltro è un settore che ha sofferto meno di altri la crisi.
“Per Confartigianato – conclude il Presidente Iraci Sareri –, è quindi impossibile condividere l’idea di una gestione centralizzata in capo all’Inps dei vari strumenti di sostegno al reddito: i Fondi rappresentano un mezzo di snellimento del sistema centrale, di semplificazione per le aziende e di prossimità per i lavoratori e in nessun caso costituiscono un aggravio per lo Stato. Ammortizzatore universale sì, unico no!”.