(di Stefano Tenedini) Tutti a bordo: senza distinguo, con un obiettivo chiaro e comune, ma con gli occhi ben aperti per risolvere i problemi attuali, ma anche quelli che si trascinano da ieri. E per tracciare una rotta sicura: non solo per sopravvivere ma per tornare a crescere a favore dell’economia e del territorio. Anche per questo verrà rafforzato il management con un CDA che ritornerà da 5 a sette membri (dovrà essere modificato lo Statuto e passare dall’assemblea degli azionisti, probabilmente già in quella di luglio che prenderà atto del bilancio dell’era Covid e della proposta di nuova governance). L’assemblea chiarirà poi se basterà l’attuale modello – presidente, Cda, direttore generale – o se servirà altro per i nuovi tempi. Il nuovo CDA, che sarebbe stato in scadenza fra un anno, dovrebbe poi restare in carica per altri tre anni. La drammatica situazione di VeronaFiere, peggiorata l’anno scorso a causa dei blocchi dell’attività imposti dal Covid, è arrivata ieri al giro di boa con l’annuncio che tutti i soci hanno approvato la prima fase dell’aumento di capitale. Per il momento al 95%, ha annunciato il presidente Maurizio Danese, ma anche l’inoptato sarà sottoscritto. E quindi siamo virtualmente al 100%, un traguardo finora non certo scontato.
Il 5% che manca all’appello è targato Cattolica Assicurazioni che sottoscriverà soltanto il 50% della propria quota di pertinenza. Una scelta legata non tanto alla volontà di “uscire dalla città” quanto a quella di ottemperare a due spinte opposte: da un lato l’Ivass che ha messo in discussione la scelta fatta in passato di investire negli enti territoriali; la volontà, dall’altro, di non creare problematiche alle realtà veronesi partner nella fiera scaricando sulle loro spalle, all’improvviso, tutto il peso del mancato aumento. In mezzo un Cda tutto nuovo, che non conosce i meccanismi della città, e che vuole iniziare senza errori. Una soluzione salomonica che non crea problemi alla Fiera oggi. Il problema, casomai, sarà in futuro: Cattolica ridimensiona la propria presenza che non potrà ricostituire se non in occasione di futuri, oggi non previsti, aumenti di capitali in Fiera in presenza di capitali inoptati.
“La compattezza dei soci è un bel segnale. L’aumento di capitale deciso a febbraio 2020 è stato fermato dal Covid, ma questo stop è stato anche un segnale importante”, ha spiegato Danese. “Ci ha fatto capire che il modello delle fiere deve cambiare, dando più spazio alle rassegne digitali, anche se le rassegne in presenza restano prioritarie, forse ancora più di prima. Ora siamo pronti a ripartire, infatti il mese prossimo terremo a battesimo la prima fiera italiana del dopo pandemia. Siamo stati chiamati al vertice di Aefi, Associazione delle fiere italiane, anche per sostenere il tema chiave dell’alleanza di settore che si opponga a competitor esteri come i tedeschi. Leggo il via libera dei soci all’aumento di capitale anche in questo senso: non limitare i danni ma ricominciare a crescere. So che l’investimento è costato sacrifici ai soci, e quindi dobbiamo impegnarci con grande impegno sia etico che imprenditoriale. Verona”, ha concluso Danese, “dimostra che con la coesione si affrontano anche le situazioni delicate e ci si può confermare leader del settore fieristico nazionale”.
“Sì, il vertice operativo della Fiera ha una grande responsabilità per un aumento di capitale così importante, soprattutto perché sottoscritto in un momento difficile”, ha confermato il sindaco di Verona Federico Sboarina. “Abbiamo condiviso l’aumento auspicando di vedere valorizzate le risorse della comunità. La Fiera e altri asset del territorio sono moltiplicatori di valore che hanno subito gravi contraccolpi. La visione del futuro di Verona recepita dal Consiglio comunale è di uscire dal deserto del Covid per trovare non un altro deserto, ma i presupposti di una nuova crescita, che vale anche per l’aeroporto e l’Arena. Aver condiviso questo progetto è ancora più rilevate perché bene perché i soci della Fiera sono sia attori pubblici ma anche privati, da Fondazione Cariverona al Banco, da Cattolica a Banca Intesa, alle banche locali e così via. Lo sottolineo perché abbiamo profili e aspettative diverse, ma aver condiviso il percorso è il segno di una ritrovata sintesi dalla quale ripartire”.
“Chi ha scelto di investire, chi vuole sviluppare la ricaduta sul territorio e sull’indotto vede la Fiera come un motore e un acceleratore di ricchezza per la comunità. Ed esserci arrivati dopo il Covid, così rapidamente e d’intesa, ha un valore ancora più importante e permette di guardare al futuro in modo positivo. Chiediamoci”, ha aggiunto Sboarina, “cosa sarebbe successo se non ci fossimo riusciti. Si sarebbe detto che non abbiamo una visione, che non vogliamo investire per risollevare la città e il suo turismo, colpiti al cuore dalla pandemia. E da sindaco ringrazio tutti i soci privati: il Comune con il suo 40% ha investito 12 milioni, ma questo intervento ha un ritorno su economia e lavoro per un territorio che va considerato nel suo insieme. Ma dopo lo sforzo dei soci ora mi attendo anche un impegno da parte del governo: perché noi stiamo investendo e abbiamo fatto la nostra parte, ma vorremmo che il sistema fieristico fosse considerato una priorità. Chiediamo la stessa sensibilità dal livello nazionale per un modello che porta nel mondo non solo Verona, ma tutta l’Italia”.
Gli ha fatto eco Bruno Piazzola, vicepresidente vicario di Fondazione Cariverona, secondo il quale “dobbiamo salvaguardare il patrimonio, ma anche guardare come istituzione allo sviluppo economico del territorio. La Fiera è un volano insostituibile, e non ci potevamo quindi sottrarre a questo impegno, considerandolo un punto di partenza per superare gli effetti della pandemia ma anche affrontare, risolvere e passare oltre precedenti criticità. Ora continueremo il confronto franco e positivo tra i soci: non sarà difficile, grazie a una solida condivisione degli obiettivi. Qui il mio auspicio”, ha concluso, “è che si continuino a valutare gli interventi sul piano organizzativo e di governance: confronto che Fondazione è disponibile a proseguire, per far sì che la Fiera e il territorio raggiungano gli scopi comuni”.
Anche Cesare Veneri, segretario generale della Camera di commercio, ha ribadito quanta importanza rivesta per le categorie produttive la Fiera, che ha raggiunto nel tempo una solida posizione. “Non potevamo esimerci dall’affrontare la situazione creata dal Covid”, ha detto, sottolineando però che la pandemia “ha portato problemi ma è un’opportunità per uscire più preparati da una circostanza così difficile. Fornire le risorse necessarie per i soci significa avere la convinzione che chi deve operare in questo momento di passaggio ha le capacità – e la nostra fiducia – per tradurre l’impegno in fatti e realtà concrete, e per confermare il valore e la competitività di una Fiera cui resteremo vicini per indirizzare e agevolare il percorso che verrà intrapreso, certi che darà ottimi risultati”.
L’aumento di capitale della Fiera, pari a 30 milioni, era stato deliberato all’unanimità dai soci il 15 aprile, “come premessa di un piano di azione per la ripartenza che prevede un 2021 di transizione dopo Covid, agganciare la ripresa nel 2022 e tornare entro il biennio 2023-2024 ai livelli pre-crisi, generando fatturato, redditività e indotto che fino al 2019 la Fiera ha assicurato a soci, stakeholder e territorio”. La compagine societaria di Veronafiere Spa è formata da: Comune di Verona (39,483%), Fondazione CariVerona (24,078%), Camera di Commercio (12,985%), Cattolica Assicurazioni (7,075%), Banco BPM (7,009%), Agenzia Veneta per l’Innovazione nel Settore Primario (5,379%), Provincia di Verona (1,401%), Intesa Sanpaolo (1,354%), Banca Veronese Cooperativo di Concamarise (0,883%), Immobiliare Magazzini (0,188%), Regione Veneto (0,161%).