(di Stefano Tenedini) C’è un acquazzone e non ho portato l’ombrello. Ma devo prenderla e bagnarmi fino al midollo o c’è una scappatoia? Forse non per uscirne asciutto, ma almeno per non inzupparmi? Meteorologia a parte, questo esempio vale anche per le situazioni di crisi in cui spesso incappano le aziende, soprattutto in tempi “perturbati” come con l’economia sconquassata dal Covid. Vediamo un’ipotesi in cui moltissimi oggi potrebbero riconoscersi.
Azienda del settore ricezione turistica, con un fatturato tra 1-5 milioni. Problema: in piena pandemia, con le norme che cambiavano di continuo, le persone erano spaventate oppure in difficoltà economica, e pur volendo andare in vacanza erano in ansia per l’impossibilità di uscire la sera o di non poter andare al ristorante. L’azienda si chiede: ci conviene aprire quest’estate, con tutti i costi che questo comporta? Una soluzione c’è: programmazione e controllo di gestione integrato e flessibile. Una volta valutata l’attività col supporto di un consulente consapevole, si crea un sistema di gestione dei dati che dà all’imprenditore la possibilità di intervenire quotidianamente in base allo scenario, capendo quale effetto le decisioni possono avere sul risultato. Non è certo una soluzione definitiva, ma un prezioso supporto per intervenire subito con scelte strategiche e operative mirate.
Un tempo questa sarebbe stata una dimostrazione di lungimiranza, ma oggi è molto di più: lo “suggerisce” (ma sarebbe meglio dire prescrive) la legge 19 ottobre 2017 n. 155, ancora poco nota ma di forte impatto. È il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, una vera e propria rivoluzione delle modalità di gestione aziendale che mira a prevenire il default. E l’impianto normativo sarà pienamente attuato – per quanto concerne le procedure in caso di rilevazione precoce di uno stato di crisi – a settembre, tra soli tre mesi.
“Rappresenta un deciso cambio di passo nella cultura gestionale dell’impresa: monitorare sistematicamente l’andamento può infatti prevenire sul nascere le tensioni finanziarie che comprometterebbero le attese di remunerazione di dipendenti e fornitori, del fisco e tutti i soggetti coinvolti dall’operato di un’azienda. Finora l’impostazione giuridica prevedeva di intervenire quando ormai l’azienda era un malato terminale senza possibilità di recupero. Oggi le aziende, prescrive la legge, si devono dotare di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile: in pratica devono essere strutturate per prevedere in anticipo, almeno sei mesi prima, ogni possibile situazione di crisi, prima di tutto finanziaria. Se non si è “adeguati” ne rispondono anche personalmente gli amministratori dell’azienda che va in crisi senza disporre di un’organizzazione valida per prevederla, minimizzarla e superarla. E anche i sindaci, cioè l’organo di controllo nelle società oltre una certa dimensione, sono corresponsabili se non c’è una costante verifica dei requisiti di adeguatezza”.
Così Gustavo Bussinello, commercialista e consulente per controllo e strategie di gestione per le imprese con la sua società Gap (https://gapconsulenti.it), considera la “rivoluzione” positiva per la cultura d’impresa. Ma non essendo ancora entrata nel radar delle aziende, desta un comprensibile timore e tanti dubbi su come prepararsi ad applicarla. Tanto che con il suo staff Bussinello sta valutando caso per caso con imprenditori e professionisti per suggerire le necessarie iniziative e contromisure. Anche perché nessuna impresa, sia per dimensioni che per settore, è esente dal rispetto della normativa, a parte banche e altri intermediari finanziari, assicurazioni, grandi imprese e società quotate: la legge insomma prevede ogni tipologia aziendale, dall’imprenditore individuale alla società di grandi dimensioni. E non fa differenze se al verificarsi di una crisi aziendale si sia impreparati o inadempienti. Sia gli amministratori che i sindaci subiscono un forte aggravio della loro posizione giuridica, fino a dover rispondere con il loro patrimonio per le inadempienze dell’azienda. Perché, come anticipato, i dipendenti, i fornitori e gli altri creditori devono essere compensati.
Bussinello ha sintetizzato numerosi casi in cui le imprese hanno dovuto intervenire subito, ma sottolinea che “l’adeguato assetto in cui programmazione e controllo di gestione sono organizzati professionalmente è la migliore assicurazione per anticipare eventuali tensioni economico-finanziarie e capire come affrontarle. La casistica è già ampia e lo sarà sempre di più in futuro”, spiega. Ecco l’esempio di un’azienda del settore software. Impresa sana e lungimirante, vuole essere in regola con la legge prima ancora che entri in vigore. Adotta così un sistema di programmazione e controllo di gestione integrato e flessibile solo per la parte finanziaria, l’unico pezzetto che manca per sistematizzare le procedure e sfruttare i dati di cui dispone per fare le scelte migliori. Prevedendo come impiegare la liquidità, può decidere come utilizzare il surplus o se chiederne alla banca, ottimizzando i finanziamenti. È il vantaggio competitivo di un assetto adeguato senza arrivare “alla canna del gas”.
Oppure prendiamo un’associazione sportiva che ha un milione di ricavi. La previsione è di mancati introiti per circa il 40% del normale giro d’affari, sempre causa Covid: gli stranieri non possono venire in Italia e gli spazi rimangono inutilizzati. La soluzione è un sistema di programmazione e controllo di gestione integrato e flessibile, per simulare lo scenario più probabile e quantificare i finanziamenti necessari per evitare chiusura e perdita di valore patrimoniale. Le proiezioni permettono al direttivo di quantificare la liquidità necessaria a mantenersi in equilibrio: in questo modo si chiede uno sforzo agli associati, che attraverso un’integrazione della loro quota possono contribuire a salvare il circolo dal collasso. Non per forza si cerca un miglior controllo della gestione della liquidità o del patrimonio per rispondere alla legge: ad esempio un sistema di contabilità analitica sviluppato e verticale può aiutare le aziende che lavorano su commessa a conoscere la marginalità operativa.
Cosa fare davanti a situazioni che potenzialmente tutti possono dover affrontare? Quali sono le priorità? Come chiedere un supporto professionale? “Ogni imprenditore conosce la propria azienda meglio di chiunque altro. I propri collaboratori, quali funzioni svolgono e l’apporto che possono dare. Un occhio esterno, soprattutto se professionale e “allenato”, può spesso servire a schiarire certe zone d’ombra e a muoversi ancora meglio. Una mossa intelligente da fare è senza dubbio rivolgersi a un consulente esperto e svolgere un’analisi completa dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della propria azienda. Noi ad esempio stiamo incontrando numerosi imprenditori, e senza alcun impegno perché ribadisco che la diffusione di una corretta cultura d’impresa è un valore per tutti. Basta poco”, conclude Bussinello, “per approfondire la situazione, confrontarsi e comprendere il contesto organizzativo, riuscendo a fornire alle aziende utili informazioni sulla legge e su cosa devono e possono fare nella loro specifica condizione”.