(di Giorgio Pasetto *) Gli atleti, oggi come un tempo, sono più di semplici eventi sportivi. E la politica, questo, lo sa bene.Ricordo i giocatori della nazionale di calcio turca quando fecero un saluto militare durante l’inno nazionale delle qualificazioni agli Europei contro l’Albania e la Germania.
Ma fin dalle Olimpiadi in Grecia, politica e sport si sono sempre mosse all’unisono.
Inscindibili nell’anelare la meta, il trofeo, il successo. Per un atleta vincere significava ottenere fama eterna, ma anche accesso a ricchi benefici e importanti cariche pubbliche.
Con la fine dell’Ottocento, le Olimpiadi moderne hanno iniziato ad assumere un profilo diverso. Il fine di queste manifestazioni sportive era quello di recuperare un senso di fratellanza e comunità internazionale. Proprio per questo motivo, le gare olimpiche dovevano essere libere da interessi politici. Tuttavia i governi, e soprattutto le dittature, hanno sempre visto nel campo agonistico un’interessante occasione su cui proiettare le proprie ambizioni.
Parallelamente, nel corso del tempo, sono state momento storico per manifestare messaggi e posizioni personali.
Così fu a Berlino, nel 1936. Le Olimpiadi della propaganda di Hitler, nelle quali – però – a trionfare non fu la bandiera tedesca bensì Jesse Owens, 23enne, figlio di un povero agricoltore nero del sud degli Stati Uniti .
Nel 1960 il maratoneta Abele Bikila percorse a Roma i leggendari 42 chilometri e 195 metri senza indossare le scarpe. Erano gli anni in cui il continente nero si liberava dalla colonizzazione europea, e qualcuno vide nel gesto di Abele Bikila un messaggio chiaro e preciso.
Nel 2016, durante le Olimpiadi di Rio, la schermitrice italiana Elisa Di Francisca, vincitrice della medaglia d’argento nel fioretto, festeggiò sul podio esponendo la bandiera europea: “E’ il messaggio che l’Europa è unita e lotta contro il terrorismo”, spiegò.
E siamo a oggi. Da oltre un anno tutte le formazioni britanniche si inginocchiano per solidarietà al movimento Black Lives Matter, il movimento anti-razzista nato sull’onda della rivolta popolare negli Usa .
Così, prima del fischio d’inizio di Italia-Galles. la formazione ospite si è inginocchiata .
I nostri giocatori solo in parte. Mostrando un’anima del nostro sport, che vuole chiamarsi fuori dalle realtà e ignorare il suo ruolo sociale, che è anche – inevitabilmente – politico.
(* Area Liberal)