Car* Direttor*!
Lei, forse, non conosce le Linee Guida Linguaggio di Genere, elaborate dal Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Verona nel 2020 durante le lunghe giornate pandemiche senza DAD e senza le gioiose grida delle studentesse e degli studenti nel chiostro. L’aureo libretto intende promuovere “la consapevolezza della differenza e del rispetto dei generi attraverso il linguaggio” e, pertanto, nella comunicazione istituzionale oltre che nei documenti e atti amministrativi si deve usare appunto un linguaggio non discriminatorio ed attento alle differenze di genere. Gliene fornisco brevi ma significativi stralci per capire quanto sia siderale, ormai, la distanza tra mondo reale e mondo stereotipato e quanto sia ormai inevitabile inginocchiarsi davanti a qualsiasi cosa che – per carità! – possa un domani essere tacciata di discriminazione, fobie e quant’altro (fra l’altro, ha notato come fobie sia facilmente anagrammabile con foibe?).
Il processo di revisione ha riguardato sostanzialmente la sostituzione dei nomi di professioni e di ruoli ricoperti da donne declinati al maschile, con i corrispondenti femminili. Inoltre si intende abolire l’uso del “maschile inclusivo”: non si potrà pertanto dire “Gli studenti entrino uno alla volta!” ma – molto più inclusivamente: “Le studentesse e gli studenti entrino uno alla volta!”. Rimane intatta invece la esclamazione che normalmente segue il caldo invito del bidello e cioè “Porca miseria!”. Il tutto, peraltro, nella convinzione sacrosanta che il linguaggio deve essere uno strumento potente per scardinare antiche consuetudini e preconcetti.
Le Linee Guida, per pararsi le spalle, precisano anche che le soluzioni indicate sono coerenti con i dettami dell’Accademia della Crusca (che, peraltro, si chiama così non perché avessero il residuo della macinazione del grano al posto del cervello ma perché bisogna separare la farina dalla crusca, cioè purificare). Ecco allora che, ma non la voglio annoiare, in sostituzione della locuzione “degli studenti” sarebbe opportuno usare “studentesco”: quindi non Consiglio degli studenti, ma Consiglio studentesco e così via. Si giunge, poi, alla sublimazione del concetto con l’elenco dei termini frequenti nel mondo universitario con relative forme femminili e maschili: architetta e architetto, avvocata e avvocato, fisica e fisico (bestiale, per reggere la lettura dell’intero elenco), ingegnera meccanica ed ingegnere meccanico, e così via. Proprio ieri ho chiamato una cara amica che è ingegnera meccanica esattamente nel modo suggerito: mi ha risposto semplicemente “stronzo”. Con il ddl Zan, peraltro, le Linee Guida si riveleranno superate perché una vera inclusività dovrà prevedere anche ingegner* meccanic*: sempre che il Vaticano non si metta di traverso.
Car* Direttor*… se vuole Le invio le Linee Guida perché so per certo che anche nella Sua redazione bisognerebbe offrire uno strumento per avviare, con il cambiamento di ognuna/o, un processo di cambiamento sociale e culturale che evidenzi i nuovi ruoli e le nuove posizioni ricoperti dalle donne e favorisca, nella nostra comunità, la cultura delle pari opportunità anche nella lingua. Dal Paese delle Meraviglie è tutto. Alla prossima.
Indro Golarsi