Duemilasettecento. Tanto pesano le azioni di violenza perpetrate in danno degli operatori della Polizia di Stato nel solo 2020. E tutto ciò, nonostante le restrizioni governative imposte dalla pandemia. Quasi una decina al giorno, alle quali vanno ad aggiungersene altrettante subite dalle altre Forze di Polizia a competenza generale.
L’ultima, in ordine di tempo, quella verificatasi lungo l’autostrada A/4 poco dopo Peschiera del Garda nella mattinata di ieri, dove il capo pattuglia di un equipaggio della Sottosezione della Polizia Stradale di Verona Sud, dopo aver intercettato un soggetto che camminava sulla corsia di emergenza, alla richiesta di spiegazioni per l’azione oltreché vietata, di estremo pericolo, si è visto rispondere con una gragnuola di pugni e calci, rimediando la frattura della spalla. Che lo costringerà, oltre a doversi pagare le spese per le conseguenti terapie riabilitative, a stare distante dal lavoro per diversi mesi. Una dolorosissima lesione che ha reso impossibile inseguire il folle aggressore, dileguatosi nei campi adiacenti l’autostrada. Considerato l’intenso traffico che lambiva la corsia di emergenza potevano davvero esserci conseguenze drammatiche, scongiurate solo grazie alla professionalità ed alla pluriennale esperienza degli operatori intervenuti.
Esasperante epilogo per nulla inedito, che va ad aggiungersi ai recenti fatti di Roma, Firenze e Bologna. Gli ultimi episodi di una inarrestabile scia di violenza perpetrata in danno delle Forze di Polizia, e di quanti sono chiamati a svolgere professioni di pubblica utilità. Un quadro di insieme che restituisce un inquietante scenario. E che, se da un lato demotiva chi presta il suo servizio a beneficio della collettività, dall’altro rappresenta una purulenta ferita all’autorevolezza delle Istituzioni. Giacché aggredire chi rappresenta lo Stato con la garanzia dell’impunità, significa, di fatto, far venir meno i presupposti fondativi della tenuta democratica.
E a fronte di quello che dovrebbe essere recepito come un pericolosissimo allentamento del contratto sociale, che rischia di minare alla base le regole della pacifica convivenza, la risposta della politica, quella politica che si ricorda delle divise solo durante le campagne elettorali, cercando di surrogare con slogan di convenienza la disdicevole indifferenza riservata nel resto dell’anno alle disarmanti condizioni di lavoro delle Forze dell’Ordine, non sembra ancora cosciente della deriva verso la quale sta scivolando la credibilità del sistema sicurezza, e con esso del sistema Paese. E non parliamo solo della mancata dotazione del famigerato teaser, la cui fornitura si è incagliata nelle voraci pieghe della burocrazia. Strumento che avrebbe permesso di gestire le criticità documentate dai filmati condivisi da migliaia di visualizzazioni con una limitatissima coercizione e senza alcuna particolare conseguenza. Ma pure di un complessivo impianto normativo che da un lato assicura l’impunità degli aggressori, incentivandone l’emulazione. E dall’altro lascia gli operatori delle Forze di Polizia privi delle tutele che la civiltà giuridica riconosce a tutti gli altri lavoratori, quali la copertura delle spese sanitarie riconducibili alle cure riabilitative derivanti dall’infortunio e, non da ultimo, l’integrale rimborso delle spese legali necessarie ogni qualvolta sulla serenità dei malcapitati colleghi venga calata la scure dell’iscrizione nel registro degli indagati come atto dovuto.
L’unico vero atto dovuto è una presa di coscienza del Governo, che metta con urgenza in agenda il tema delle aggressioni alle Forze dell’Ordine e provveda, senza ritardi, a correggere le incresciose storture ordinamentali i cui perversi effetti, invece di dissuadere chi aggredisce con inaudita ed immotivata ferocia, intimoriscono chi è preposto ad arginare questa degenerazione.
Non potrà continuare ad andare tutto bene. Sempre che la spalla rotta del nostro collega, al quale va il nostro più sentito abbraccio di sostegno e solidarietà, sia considerato un danno collaterale accettabile. E se, e quando, il peggio, come temiamo, accadrà, non potremo che considerare come corresponsabili gli attori della scena politica e governativa che avranno colpevolmente omesso di preoccuparsi, come sarebbe loro dovere, delle condizioni di vita e lavoro del personale delle Forze di Polizia.