( di Giorgio Massignan) Il sindaco di Verona e l’assessore alla pianificazione territoriale, hanno comunicato alla stampa cittadina l’approvazione in Giunta della versione definitiva della Variante 29. E’ stata presentata come lo strumento in grado di dare un forte slancio alla città. Secondo i nostri amministratori dovrebbe, dettare le linee di sviluppo del territorio fino al 2030. Su 189 manifestazione d’interesse presentate dai privati, sono state definite  50 schede. Si tratta di tre milioni e mezzo di aree dismesse. Come in tutte le altre occasioni, sono stati gli investitori privati a ispirare le linee di sviluppo del territorio. 
E’ indubbio che la riqualificazione fisica e funzionale dei luoghi abbandonati e degradati sia opportuna; nutro non pochi dubbi sulle destinazioni d’uso previste. Dai dati pubblicati, emerge che il 40% dei mq saranno destinati a servizi: impianti sportivi, case di cura, edifici scolastici; il 20% al residenziale; il 15% al commerciale e il rimanente  25% al direzionale-terziario, al turistico e al produttivo.
Il sindaco afferma che: “…la rigenerazione che vogliamo, deve inserirsi in modo armonioso nel contesto, senza generare alcun impatto negativo.”  Mi sembra non sia così. 

Anche se non sono inseriti nella Variante, l’impatto che causeranno i Magazzini della Cultura nell’area del Forte Santa Caterina al Pestrino, sarà sconvolgente. Il progetto, a poca distanza dall’Adige, prevede una serie di edifici a forma di L, proprio di fronte al forte, di cui uno alto 9 metri, su una superficie di 16.000 mq. 
Tornando alla Variante 29, il 20% delle superfici saranno destinate per le residenze. Ma con oltre 10.000 appartamenti sfitti e con un saldo demografico pari a 0, perché costruirne altri. Non era il caso di prevedere incentivi per i proprietari che li ristrutturano e gabelle salate per coloro che li tengono volontariamente sfitti?

Si proclama un significativo aumento del verde, ma parallelamente alla Variante, è stata presentata la bozza di progetto per lo Scalo Merci della Ferrovia; si sarebbe potuto realizzare un vero parco urbano, ma si sta programmando tutt’altro. Un Piano Regolatore, dovrebbe analizzare i bisogni di un territorio e individuare i modi e i tempi per fornire le risposte adeguate. Ma la Variante 29 non risponde a questo metodo. 
Verona, dopo la bulimia di centri commerciali dell’era Tosi, non ne ha certamente necessità, eppure il 15 % delle superfici sono programmate a commerciale.  Così come mi sembra eccessivo destinare il 25% al direzionale-terziario, al turistico e al produttivo. Gli edifici sfitti a destinazione direzionale-terziaria abbondano.
Soprattutto, ritengo grave che, prima di aumentare il residenziale, il direzionale e il commerciale con la Variante, non si sia trovato il modo di intervenire sul Centro Storico, che si sta svuotando di abitanti per trasformarsi in un luogo destinato allo shopping, alla ristorazione, alla movida e al turismo “mordi e fuggi”. 

Il solo intervento progettuale è stato il Piano Folin, commissionato dalla Fondazione Cariverona. Si tratta di un piano centrato soprattutto su un centro congressi, un hotel e una SPA.  Comprendo che con la Variante 29 si sia voluto operare sulle  aree dismesse;  ma sarebbe stato opportuno che la pianificazione pubblica si fosse prima occupata della mobilità, dei parchi urbani e del  Centro Storico, per iniziare a risolvere i suoi tanti problemi. 
Inoltre, mi chiedo  perché, anziché promuovere un turismo legato al mito Giulietta e Romeo, non si siano realizzati degli itinerari culturali e museali  che offrissero ai turisti, come ai veronesi, la possibilità di ammirare il patrimonio artistico della città. 
Per esempio, perché i Magazzini della Cultura non vengono realizzati all’Arsenale, collegata al museo di Castelveccchio solo dal ponte scaligero? Perché si boicotta la proposta di un Grande Castelvecchio, ampliato negli spazi del Circolo Ufficiali? Mi si risponderà che il Centro storico, come l’argomento dei musei e dei parchi sono oggetto di altre e future pianificazioni;  rispondo che sono trascorsi quasi cinque anni e che si sarebbe dovuto intervenire prima su questi temi, cercando i finanziamenti dove si sarebbe potuto  trovarli. 
Purtroppo, ancora una volta, le scelte hanno riguardato soprattutto le attività di maggior reddito per i privati, e non la vera vocazione e i reali bisogni del nostro territorio.