Più che il bastone, la carota. Con l’introduzione del nuovo ISA (indice sintetico di affidabilità fiscale) e il contemporaneo aumento della soglia d’adesione al regime forfetario, il fisco registra un miglioramento statistico nelle denunce dei redditi degli Italiani. Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato oggi le statistiche relative agli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale, alle dichiarazioni delle persone fisiche titolari di partita Iva e in base al reddito prevalente trasmesse dai contribuenti nel 2020, relative al periodo d’imposta 2019. Si tratta di dati riferiti ad un periodo di crescita del PIL (+1,1% in termini nominali e +0,3% in termini reali nel 2019) seppur inferiore alla crescita registrata nell’anno precedente, ma comunque relativi ad uno scenario economico completamente diverso da quello attuale, caratterizzato dagli effetti della crisi Covid-19.
Con l’introduzione degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) a partire dal 2018 è terminata l’applicazione degli Studi di Settore. Il periodo d’imposta 2019, dunque, risulta il secondo anno di applicazione dei nuovi indici e l’ultimo prima dello shock dalla pandemia da COVID-19. Gli ISA rappresentano i nuovi indicatori statistici introdotti dall’Agenzia delle Entrate per valutare l’affidabilità fiscale di imprese e lavoratori autonomi, concepiti con l’obiettivo di passare da strumenti con mera funzione di controllo a strumenti basati sull’adempimento spontaneo degli obblighi tributari e che stimolino la cooperazione tra Fisco e contribuenti.
Il numero di soggetti interessati dagli ISA nel 2019 ha riguardato 2.740.641 contribuenti, in calo (-14%) rispetto al 2018, soprattutto per effetto dell’adesione dei contribuenti persone fisiche al regime forfettario, che esclude l’applicazione degli indici, il cui limite per i ricavi/compensi è stato elevato a 65.000 euro dalla Legge di Bilancio 2019. Analizzando la distribuzione territoriale, il numero dei soggetti degli ISA 2019 è concentrato per il 52% al Nord Italia, nel Sud e Isole la percentuale è pari al 27%, mentre al Centro si colloca il 21% del totale. Per quanto riguarda la distribuzione per macrosettore economico, gli ISA individuati per l’anno d’imposta 2019 sono 175: il 53% dei soggetti appartiene al settore dei servizi.
Con gli ISA 2019 i ricavi e i compensi medi dichiarati dai soggetti sono pari a 288.400 euro, in notevole aumento (+15,6%) rispetto al periodo d’imposta precedente, principalmente a causa delle maggiori adesioni al regime forfetario: lo spostamento delle posizioni con minori ricavi/compensi verso il regime agevolato ha, dunque, incrementato il valore medio dei ricavi/compensi. A livello di macrosettore economico la categoria che registra il maggiore aumento è quella dei professionisti, che è anche la categoria con il più alto calo del numero di contribuenti ISA, a causa delle maggiori adesioni al regime forfetario.
Il reddito medio d’impresa o di lavoro autonomo nel 2019 è pari a 38.340 euro (+7%): 37.500 euro per le persone fisiche (+13%), 45.650 euro per le società di persone (+1,4%) e 34.670 euro per le società di capitali ed enti, unica con una lieve flessione (-1,6%). Rispetto, invece, all’attività economica esercitata, individuata per macrosettori, il reddito medio dichiarato più elevato si registra nel settore dei professionisti (65.620 euro) con un significativo aumento rispetto all’anno precedente (+24%).
Al raggiungimento di un ISA pari almeno a 8, su una scala da 1 a 10, è previsto per tutti i contribuenti un regime premiale crescente. Nel 2019 il numero di contribuenti con un ISA almeno pari a 8 si attesta a 1.049.803, ovvero il 38,3% del totale, in linea rispetto al 39% del 2018. Per quanto riguarda il macrosettore economico, poco più della metà dei soggetti nelle attività professionali ha raggiunto la soglia del regime premiale (51%), nel 2018 erano il 48%. Negli altri settori, in maniera omogenea, il 36% dei contribuenti ha avuto accesso al regime premiale.
Considerando solo i soggetti con accesso al regime premiale, (e con ricavi superiori ai 30.000 euro), i ricavi e i compensi medi dichiarati sono pari a 340.150 euro, in significativo aumento (+23%) rispetto al 2018, il reddito medio dichiarato è pari a 64.607 euro, con un aumento del 12%.
Occorre ricordare che a partire dal periodo d’imposta 2019, invece, i futuri Indici saranno caratterizzati dalla crisi economica derivante dalla pandemia da COVID-19.
Nel 2019 le persone fisiche titolari di partita Iva che hanno presentato dichiarazione sono circa 3,7 milioni, in aumento rispetto all’anno precedente (+1,2%) e composti da imprenditori (33,7%), lavoratori autonomi (12,9%), agricoltori (6,4%), mentre i contribuenti in ‘regime fiscale di vantaggio’ e ‘regime forfetario’ rappresentano ormai quasi la metà dei titolari di partita Iva (47,0%).
I soggetti aderenti al regime forfetario risultano circa 1,6 milioni (1,8 volte la numerosità del 2018), di cui oltre 800.000 hanno iniziato l’attività nel 2019. Il reddito imponibile è pari a circa 20 miliardi di euro per un valore medio di 13.895 euro mentre l’imposta sostitutiva del 15% o 5% (per i primi cinque anni di attività) è stata pari a 2,5 miliardi di euro per un valore medio di 1.733 euro. Si ricorda che l’imposta sostitutiva assorbe l’Irpef, le addizionali regionali e comunali, l’Irap e non prevede l’applicazione dell’Iva.
I soggetti in regime fiscale di vantaggio, che vi hanno aderito entro il 2015, risultano essere ancora circa 158.000 (-37,7%); oltre l’83% degli utilizzatori dichiara un reddito imponibile positivo, per un ammontare complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro e medio di 13.016 euro; l’imposta sostitutiva al 5% è pari a 85,9 milioni di euro per un ammontare medio di 653 euro.
Le dichiarazioni delle società di persone relative all’anno d’imposta 2019 sono 752.952, anche quest’anno in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,1%) anche se la contrazione è più contenuta degli anni precedenti. Il reddito medio dichiarato dalle società di persone, pari a 48.140 euro, è in aumento dell’1,4% rispetto all’anno precedente.
I dati statistici delle dichiarazioni Irpef delle persone fisiche, già pubblicati, sono ora arricchiti dalla classificazione dei contribuenti in base al reddito prevalente. Dal 2018 è stato rivisto il criterio di prevalenza, considerando nella scelta anche i redditi soggetti a tassazione sostitutiva dei contribuenti in regime forfetario e di vantaggio. L’84,2% dei circa 41,5 milioni di contribuenti Irpef detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 6,4% del totale ha un reddito prevalente derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, compreso anche quello in regime forfetario e di vantaggio. La percentuale di coloro che detengono in prevalenza reddito da fabbricati è pari al 3,9%.
Dall’analisi integrata delle dichiarazioni dei dipendenti con quelle dei propri datori di lavoro si osserva che oltre il 74,8% dei dipendenti ha prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro nell’arco dell’anno, mentre il restante 25,2% ha prestato servizio presso più datori di lavoro. Rispetto alla natura giuridica del datore di lavoro, il 58% dei lavoratori dipendenti presta servizio presso società per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperative, seguiti da coloro che sono occupati presso enti pubblici (15%), ditte individuali (8,5%), società di persone (7%) e enti ospedalieri ed istituti di previdenza e assistenza sociale (5%).
Il reddito medio da lavoro dipendente presenta un’elevata variabilità rispetto alla diversa natura del datore di lavoro: il reddito medio più basso, pari a 9.979 euro, risulta quello dei lavoratori dipendenti il cui datore di lavoro è una persona fisica; il valore sale a 14.045 euro per i dipendenti di società di persone, a 22.790 euro per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, mentre si registra il reddito medio più elevato, pari a 23.638 euro, per i dipendenti delle società di capitali.