La Svizzera è il “forziere” del vino italiano. Secondo i dati dell’Osservatorio vino di Nomisma, elaborati da Denis Pantini per il Vinitaly, la Confederazione non ha mai smesso di comprare le nostre bottiglie: gli acquisti di vini esteri per il paese alpino hanno raggiunto quasi 1,1 miliardi di euro a fronte di oltre 1,8 milioni di ettolitri, vale a dire lo 0,5% in più a valore e il 2,5% a volume rispetto all’anno precedente. Va anche detto che uno dei pregi del mercato svizzero è quello di rappresentare una “costante” per i produttori italiani, oltre al fatto di essere vicino dal punto di vista geografico.
Da anni infatti il consumo di vino in questo mercato è fermo sui 2,6 milioni di ettolitri e di conseguenza anche le importazioni non hanno subito particolari variazioni (in Svizzera si producono circa 148 milioni di bottiglie di vino all’anno). Nel corso del decennio 2009-2019 (e quindi prima dell’avvento del coronavirus), il tasso medio annuo composto nell’import di vino mondiale è stato del +2,5% a volume e del +5,4% a valore; in Svizzera, tali variazioni sono state rispettivamente del -0,4% e del +4%, a dimostrazione di andamenti più lenti e meno volatili.
D’altro canto, una disoccupazione ai minimi termini e un reddito pro-capite tra i più alti al mondo rappresentano fattori di attrattività rilevanti per qualsiasi produttore di vino e il fatto che tra i top 10 mercati di importazione la Svizzera evidenzi il prezzo medio di import più alto per i vini imbottigliati (fermi e spumanti) è una dimostrazione di questa maggior opportunità: 8,4 euro/litro contro i 6 euro degli Stati Uniti o i 3,5 euro della Germania. E il tutto in un contesto distributivo che vede la gran parte degli acquisti avvenire nei punti vendita della Distribuzione Moderna (meno del 15% dei volumi consumati passa dall’on-trade).
Anche il primo semestre 2021 (come evidenzia la tabella in questa pagina) non smentisce questa “garanzia” di continuità negli acquisti di vino da parte degli importatori svizzeri. I dati evidenziano una crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 28% a valori e del 10% a volumi; una variazione positiva superiore anche al I° semestre 2019, quando del coronavirus non si aveva neppure sentore. Guardando ai primi cinque fornitori del mercato svizzero ci si accorge di come il commercio di vino nel paese si configuri al pari di un affare esclusivamente europeo. La Francia domina il primo semestre di quest’anno con una crescita del 40%, surclassando così i nostri vini (che fino all’anno scorso detenevano la leadership di mercato), le cui performances – per quanto positive – non sono andate oltre il +19%. Limite superato di poco dalla Spagna (+21%) che si colloca sì al terzo posto ma molto distante dal valore assoluto delle nostre esportazioni.
Il recupero della Francia (nel 2020 l’import dei vini transalpini in Svizzera era calato del 6%) è su tutta la linea, nel senso che ha interessato tutte le categorie di vini importati: +58% per gli spumanti, +43% per i fermi, +85% per il bag in box e anche +21% per i vini sfusi, una tipologia per la quale i francesi non figurano solitamente tra i leader di mercato.
Per quanto riguarda invece l’Italia – che nel 2020 aveva messo a segno una crescita opposta a quella della Francia, vale a dire +6% rispetto al 2019 – il primo semestre di quest’anno vede aumenti significativi in linea alla media per tutte le categorie, con i vini fermi imbottigliati che registrano un incremento del 20% e gli spumanti che invece si fermano ad un +17%.
Il rialzo delle importazioni è inoltre influenzato nei valori dalla progressiva riapertura del canale on-trade (bar e ristoranti), desumibile dal recupero dei prezzi medi dei vini importati che nel corso del 2020 (in conseguenza del blocco imposto all’Horeca) avevano subito un crollo medio – per la categoria dei vini fermi – di quasi il 9%.