(di Bulldog) Adesso, proprio adesso, che le tasse degli Italiani servono a salvare l’ennesima banca finita a carte quarantotto per colpa della politica; adesso, proprio adesso, che è lampante il vulnus rappresentato dai partiti nelle banche; adesso bisogna dire, basta! Chissenefrega se l’Unicredit guidata da Andrea Orcel fà spezzatino di MontePaschi; chissenefrega se 6mila bancari vanno in prepensionamento (mica in mezzo alla strada); chissenefrega se Siena perde la “sua” banca. Quella banca non è più sua da molto tempo, da quando i soldi di tutti noi sono serviti a tamponare i casini creati a Siena – così come quelli di Vicenza e Montebelluna -. Il problema oggi è proprio Siena, la sua politica, le sue lobby locali, le logge ad ogni contrada; le sezioni dei partiti e le 2mila500 assunzioni per la direzione generale del Banco. E la politica nazionale che va dietro a tutto questo cocuzzaro. “Questa” Siena (così come Vicenza e Montebelluna) è il problema, non la soluzione. E fa ridere che la Lega si accodi oggi al PD nel chiedere garanzie. Garanzie? quali garanzie?

Qui gli unici a dover essere garantiti sono gli Italiani che hanno speso 20 miliardi per salvare questi cessi di banche. E l’unica garanzia possibile è che la politica venga oggi azzerata. Quei 20 miliardi dovevano andare in scuole, strade, ospedali a vantaggio delle gente perbene e non di banchieri, faccendieri e politici . Per questo serve lo spezzatino in MontePaschi: perchè questi legami vengano recisi, per sempre.

Le strade del risparmio veneto e del MontePaschi di Siena sono intrecciate da almeno vent’anni quando la finanza allegra “made in Nordest” riuscì a creare un tale casino bruciando miliardi di risparmi privati. Oggi che Unicredit (che nacque dai risparmi e dal lavoro delle genti del Nordest e del Piemonte, ogni tanto fa bene ricordarlo) si prepara a “sistemare” la più antica banca del mondo (venne fondata nel 1472) la politica torna a blaterare. La storia di MPS, Popolare Vicentina e Veneto Banca è la perfetta rappresentazione del capitalismo italiano dove conta la relazione e non il business e dove la libera concorrenza è un concetto astratto: le banche sono state centri di potere che hanno condizionato e limitato le potenzialità di tanti bravi imprenditori ed hanno amplificato le possibilità di far danni di tanti impresari dalle conoscenze giuste: in Curia, nei partiti al governo o di opposizione, e fra compagni di grembiulino.

E’ questa logica che porta il MontePaschi a spendere 9 miliardi per rilevare AntoVeneta (un tempo gioiello dell’imprenditoria padovana finita agli spagnoli del banco Santander che poi hanno preferito, chissà poi perchè…, filarsela dall’Italia col portafoglio pieno) e a innescare la crisi che sarebbe diventata irreversibile con le congiunture internazionali del 2007 e del 2016. E’ questa logica – quella delle amicizie importanti – che ha fatto chiudere gli occhi alla Vigilanza sulle due banche venete e è una logica altrettanto drogata che ha portato il governo italiano a creare un fondo di 20 miliardi per sistemare i guai crearti da apprendisti-banchieri (o furbissimi banchieri, a seconda se si è rimasti scottati oppure no).

In Europa hanno cambiato mestiere 360mila bancari – dato che la rivoluzione tecnologica ha reso inutili molte funzioni – mentre in Italia 70mila bancari sono stati accompagnati al pensionamento anticipato. Sulle spalle dei contribuenti e del bilancio pubblico della cui tenuta tutti si fanno paladini (sindacati in primis) tranne quando l’interesse personale diventa preminente.

Oggi i partiti vogliono, di nuovo, condizionare l’operazione Unicredit-MPS. Vogliono mettere i propri uomini; salvare le clientele; condizionare la ristrutturazione. Vogliamo dire che sono gli ultimi ad aver diritto di parola al riguardo? avete creato il casino, ora state al vostro posto. Ogni vostra soluzione è un salasso delle nostre tasche. E’ molto più sano se lo Stato davvero non entra più in queste partite. Abbiamo usato 20 miliardi di tutti per sistemare problemi nati da amministratori eletti da assemblee di azionisti ignavi quando non realmente conniventi. Senza l’ombrello pubblico gli azionisti sarebbero stati più attenti; i dipendenti e i dirigenti, idem; i correntisti avrebbero dato i loro risparmi a banche serie dai risultati verificabili; e già questo avrebbe creato un circuito più virtuoso. La cattiva moneta scaccia sempre quella buona dal mercato. E ad emettere questa moneta, per queste tre banche, è stata la politica. Oggi deve proprio stare zitta.