Sulla brutta fine del Chievo un ragionamento bisogna farlo. Lo dobbiamo fare come veronesi, non da tifosi. Lo sappiamo tutti che è l’Hellas la squadra più amata. E non si tratta neanche di sottacere le responsabilità di Campedelli e dei suoi collaboratori. Il fatto è che per Verona perdere una realtà come il Chievo è una disgrazia, un altro passo indietro, un altro scalino sceso verso l’irrilevanza di una città che sta perdendo pezzi, uno dopo l’altro, senza che vi sia un minimo di reazione. Avere due squadre in serie A che giocavano il derby, come Milano, Roma, Torino e Genova proiettava l’immagine di Verona tra le grandi città, doveva far piacere anche a chi del calcio non gliene frega niente o a chi ha l’Hellas nel cuore. Un segno di prestigio, un modo per far girare il nome della città. 

La fine del Chievo significa anche la fine di una società che creava posti di lavoro per molti e prospettive per i giovani del vivaio.  La partenza da Verona di una trentina di giocatori della prima squadra, più quelli della primavera è, oltre che un problema per ogni singolo giocatore, una fuga di ricchezza dalla città, meno gente che va al ristorante, al bar, nei negozi. E il fatto che non arrivino più le squadre ospiti che facevano lavorare gli alberghi della città è pure un a disdetta per tutti. E poi c’è il Bottagisio, il  centro sportivo di tutto rispetto dove i giovani possono andare a imparare a giocare a calcio: che fine farà?

L’Adige ha più volte puntato dito sul fatto che gli imprenditori veronesi, pur con enormi disponibilità economiche, non sentano il bisogno di farsi carico delle squadre di calcio della città che, piaccia o no, sono un simbolo di Verona -Hellas o Chievo poco importa-. Sono espressione della cultura popolare, sono un fenomeno sociale di massa che non ha pari. Il Chievo è di un veronese, Campedelli, legato alla storia imprenditoriale della Paluani, e sta facendo la fine che sappiamo. Il Verona sta meglio, è in serie A ed è di Setti, un modenese. Saper trarre il bene anche dal male è dei saggi e dei coraggiosi. La disgraziata vicenda del Chievo potrebbe essere l’occasione per qualche grande imprenditore veronese per dimostrare empatia con la città raccogliendo il Chievo nelle condizioni in cui è e fare quello che Berlusconi ha fatto con il Monza, che ha preso quand’era una squadrata e che ora sta portando ai massimi livelli. Sarebbe una bella sfida.