(di Simone Alessandro Cassago) Molti di voi che si accingono a leggere questo mio articolo, esperti di finanza, medi investitori o anche piccoli investitori, avranno sicuramente letto sulla stampa economico – finanziaria dedicata o sentito dire dai consulenti finanziari questa frase: il mercato azionario è in bolla, quello obbligazionario è in bolla; ma il concetto di bolla speculativa è molto ampio ed è all’origine di tutte le più pesanti crisi economiche finanziarie che si sono alternate dalla grande depressione del 1929 ad oggi.

Cerchiamo innanzitutto di capire cosa è nella sostanza una bolla speculativa: si tratta, molto semplicemente di una fase di mercato caratterizzata dal fatto che i prezzi dei beni aumentano smisuratamente e in modo ingiustificato, aspetto dovuto (contestualmente) ad un aumento eccessivo e incontrollato nei livelli di domanda degli stessi; alla fase di creazione della bolla si arriva poi allo scoppio della stessa, in cui i prezzi crollano vertiginosamente, fino a riportarsi al valore di normalità pre – bolla. 

Il concetto di bolla speculativa, da un secolo a questa parte va collegato all’economia finanziaria e ai suoi strumenti; ho parlato di beni per esemplificare meglio il concetto in primis, e poi perché la madre di tutte le bolle è universalmente riconosciuta nella nota “Bolla dei Tulipani” avvenuta in Olanda agli inizi del 1600 e ha avuto come oggetto un bene tangibile: il tulipano e il suo prezioso bulbo. Dobbiamo porre alla base un antefatto; all’epoca non esistevano industrie produttrici di beni, la rivoluzione industriale partì dall’Inghilterra un secolo dopo (seconda metà del ‘700), espandendosi poi a macchia di leopardo in tutta Europa e in America durante l’800); l’economia era prevalentemente agricola e di sfruttamento del territorio (comprese le colonie). Il bulbo di tulipano era oggetto molto pregiato e amato dalla classe sociale di livello medio-alto, formata allora da ricchi mercanti e latifondisti. Fu così che nell’ autunno 1636, mese di novembre, partì una folle corsa all’acquisto di ingenti qualità di tulipani, considerandolo un investimento altamente fruttifero; va da sè che i prezzi salirono vertiginosamente, ed in modo incontrollato, fomentando una bolla che scoppiò ad inizio febbraio 1637 durando fino al maggio successivo, momento in cui i prezzi tornarono ai livelli di 6-7 mesi prima.

Lo svilupparsi dell’economia industriale e delle nuove teorie economiche alla base di un corretto funzionamento dell’economia produttiva non riproposero più simili situazioni in riferimento ad un bene di consumo; con la rapida crescita dell’economia produttiva, nacquero (come passo obbligato) le prime borse valori in cui le aziende andavano a quotarsi per reperire dal mercato, questa volta finanziario, capitali freschi sia come vendita di azioni che come emissioni di prestiti obbligazionari. La prima borsa valori ad aprire fu quella di Londra a cui seguirono Parigi, New York ed altre capitali europee di una certa importanza (in Italia venne inaugurata la borsa valori a Milano ad inizio ‘900, con una succursale a Roma chiusa circa 35 anni fa). Erano anni gloriosi, le imprese macinavano profitti ma nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale e le economie europee ne risentirono non poco. Nel 1917 si inserirono anche gli USA nel conflitto a fianco di Francia, Inghilterra, Russia e Italia, contro Germania e Impero Austroungarico.

Vinsero i primi, e gli USA si imposero al tavolo della pace come dei mattatori della situazione (avendo combattuto un conflitto fuori dai loro confini e incrementato la produzione bellica, vendendo anche armamenti ai propri alleati); in sostanza divennero il centro di una imponente crescita economica, con aumenti dei profitti e dei salari e avente come apice il periodo dei ruggenti anni ‘20.

Tutto correva a mille, le azioni delle aziende quotate a Wall Street continuavano a salire di valore, tanto che un semplice barista o un semplice cameriera investivano i loro risparmi con la certezza di potersi arricchire presto, e con estrema facilità. Nella loro ingenuità non sapevano che stava per formarsi la bolla speculativa più imponente che la storia economica ricordi; infatti un giovedì, il 24 ottobre 1929, a Wall Strett avvenne un primo tonfo con un crollo delle quotazioni di oltre il 20%, a cui seguirono alcuni giorni di quiete prima della tempesta che si scatenò con fragore martedì 29 ottobre 1929, proseguendo fino ai primi mesi del 1930 e continuando a mantenere il mercato volatile fino al 1933. Fallirono banche, aziende prospere, milioni di persone rimasero senza lavoro, tanto da far nascere la nota “grande depressione economica”; L a banca centrale americana (la FED) allora decise di adottare politiche monetarie molto restrittive e, purtroppo, non fece altro che gettare benzina sul fuoco. La grave crisi economica si ripercosse anche in Europa, ma in modo un po’ meno virulento; l’Italia, dal canto suo, rispose con la nazionalizzazione degli istituti di credito più importanti e la nascita dell’ IRI, grazie alle capacità dell’economista Attilio Beneduce, a cui il governo italiano si rivolse, con una certa lungimiranza.

Gli USA uscirono pienamente da tale pesante impasse con l’entrata in guerra (durante il secondo conflitto mondiale) nel dicembre del 1941, grazie al notevole incremento della produzione bellica e, nuovamente, al fatto che combatteva una guerra fuori da casa propria. Alla fine del 1944, quando era ormai chiara la vittoria anglo-americana del conflitto, si tennero a Bretton Woods, una piccola cittadina americana, dei colloqui fra politici ed economisti di fama mondiale, come l’inglese John Maynard Keynes, che sancirono la nascita di istituzioni, come la banca mondiale e il fondo Monetario Internazionale, e di politiche monetarie come la parità e convertibilità aurea del dollaro, al fine di garantire prosperità e benessere (inclusi interventi di queste istituzioni a livello globale) per i decenni a seguire. E in effetti prosperità e benessere (anche grazie agli aiuti del Piano Marshall verso l’Europa ridotta in macerie alla fine del conflitto) vi furono per decenni sino a fine millennio, tenendo anche conto della crisi energetica mondiale degli anni ’70.

Alla vigilia del passaggio tra la fine del ‘900 e l’inzio del duemila, l’economia perse il primato nazionale dei singoli paesi con la nascita della World Trade Organization, la quale abbatteva i muri esistenti fino ad allora fra continenti dando vita alla cosiddetta “globalizzazione (aventi aspetti postivi, ma risultata poi non priva di aspetti negativi e da correggere). Di pari passo era cresciuto nei decenni lo sviluppo tecnologico che nel 1995 portò alla nascita di Internet, una vasta rete informatica mondiale in cui poter rimanere sempre connessi anche a migliaia di km di distanza. Nacquero dal nulla, soprattutto in California nelle Silicon Valley, centinaia di società operando solo ed esclusivamente nel mondo legato ad Internet e Wall Strett non rimase a guardare.

Il mondo della finanza nell’arco di 50 anni era ritornato ad essere speculativo e sempre più aggressivo. Con la nascita anche dei cosiddetti “hedge fund”, ovvero fondi altamente speculativi (a volte partecipati anche da grandi banche d’affari) che si impegnano a garantire livelli di performance e rendita molto elevati ai propri sottoscrittori, rispetto ai tradizionali fondi comuni di investimento. E proprio loro “pomparono” enormemente i prezzi di quelle società tecnologiche quotate di cui sopra, dando origine alla bolla delle Dot.com (la più importante dopo la crisi del ’29), esplosa tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001; la cosiddetta “new economy” di allora ne uscì con le ossa rotte dovendosi riorganizzare con più strategia imprenditoriale e finanziaria, ma gli hedge fund e tutti quelli che scommisero sulla bolla poterono riempirsi le tasche di enormi profitti.

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LONDON, ENGLAND – SEPTEMBER 24: Two employees of Christie’s auction house manoeuvre the Lehman Brothers corporate logo, which is estimated to sell for 3000 GBP and is featured in the sale of art owned by the collapsed investment bank Lehman Brothers on September 24, 2010 in London, England. The “Lehman Brothers: Artwork and Ephemera” sale will take place on September 29, 2010, on the second anniversary of the firm’s bankruptcy, and comprises of artworks which hung on the walls of Lehman Brothers’ offices in Europe. (Photo by Oli Scarff/Getty Images)

Arriviamo all’ultima “grande” bolla verificatasi con la crisi dei mutui sub-prime; tutti sanno che, in genere, l’investimento in un’immobile è un investimento sicuro, un bene rifugio per eccellenza, utile anche per combattere l’inflazione (almeno fino a prima della bolla suindicata). Va da sé che dal 2000 fino al 2007, le banche americane cominciarono ad erogare mutui anche a chi non aveva garanzie da offrire, generando mutui ad alto rischio (da qui il termine subprime, ovvero sotto la soglia del grado ordinario o elevato di garanzia fornita detto “prime”) partendo dal concetto che il prezzo delle case non sarebbe mai sceso. Nella primavera del 2007, invece, iniziò a formarsi la bolla che solo certe banche d’affari e alcuni hedge fund scoprirono rimanendo in silenzio e speculando ulteriormente creando uno strumento finanziario kamikaze come il Collateral Debit Obbligation (CDO), ovvero una obbligazione di copertura rischio insolvenza che presenta in facciata titoli ad alto grado di investimento, ma al di sotto di questi piena di titoli spazzatura con cui ripulire i bilanci (junk bonds).

Il 15 settembre 2008 la miccia accesa esplose, con il fallimento della banca d’affari più importante del momento: la Lehman Brothers. L’esplosione fu deflagrante quasi come nel ’29 e, avendo come sottostante di riferimento i beni immobili, scatenò (dopo quella finanziaria) una enorme crisi economica mondiale, dalla quale ci si era ripresi, a livello globale, negli 4 -5 anni prima dell’avvento COVID (il quale, sembra, ha tamponato ad una bolla che stava per nascere, basti pensare solo a quella del 2017 sui Bitcoin). Concludendo questa attenta disamina, vorrei esemplificarvi il grafico qui riportato, il quale spiega “tecnicamente” la formazione di una bolla speculativa confrontando il Valore ovvero il prezzo (Valuation) e l’intervallo medio di tempo (Time), quest’ultimo oscillante da un minimo di 6-7 mesi ad un massimo di due anni circa.

La prima fase, come si nota, è definita “Stealth Phase; qui gli investitori esperti che hanno maggiore accesso ad informazioni anche di tipo privilegiato, capiscono che il prezzo di un titolo o di un bene inizia ad aumentare eccessivamente. Però siamo nell’embrione di una bolla e darla per certa risulta ancora difficile. Guardando il grafico, si nota che la fase successiva prende il nome di “Awereness Phase“, dove i maggiori investitori di grande caratura (banche d’affari e fondi speculativi) spingono a più non posso i prezzi acquistando titoli (o beni) in maniera massiva. E’ qui che l’investitore meno esperto, allettato da veloci e facili guadagni e spronato dalle informazioni che riceve dai media, inizia ad acquistare in maniera compulsiva facendo nascere la “Mania Phase”, caratterizzata da comportanti che riportano a fredda avidità di guadagno e ad eccessivo entusiasmo. Il prezzo, pertanto, continua a crescere in maniera sempre più rapida e repentina fino ad un livello tale che gli investitori più prudenti , seguiti dagli speculatori, iniziano a vendere; di riflesso anche l’investitore meno esperto inizia a vendere e si scatena una fase detta “Blow Off  Phasein cui il panico si impossessa dei mercati e la bolla si manifesta in modo più che palese.

Nel film iconico di Oliver Stone “Wall Street” il finanziere “squalo” Gordon Gekko pronuncia la frase “greed is good”, ovvero l’avidità è buona. Per il lettore può sembrare una cosa pazzesca, eppure il motivo che dà origine a tutte le bolle, grandi o piccole che siano è proprio l’avidità.