“Spes ultima dea”  dicevano gli antichi romani.  “La speranza è l’ultima a morire”  diciamo noi. E questo vale anche per il Chievo. Dopo la bocciatura del ricorso presentato al Tar del Lazio rimane come estrema, anzi, si teme, remota possibilità il giudizio del Consiglio di Stato. L’udienza per l’esame del ricorso di Campedelli e del suo team di avvocati, fra i quali figlio del presidente della Repubblica, l’avv. Bernardo Giorgio Matarella, era prevista per la prima settimana di settembre. Invece è stata anticipata a giovedì 26 agosto. Il che alimenta le residue speranze del Chievo.
Che ci possa essere un cambio di indirizzo lo sperano tutti. La perdita di una realtà sportiva, ma anche economica, come la società di via Galvani, sarebbe un danno innanzitutto per Verona, a prescindere dal fatto che il calcio possa o no interessare; a prescindere dalla “fede” calcistica.
La questione sul tappeto del Consiglio di Stato è estremamente complessa e  verte sull’interpretazione del diritto e della sua sistemazione tra legislazioni diverse: norme della Federazione Italiana Gioco Calcio, norme amministrative e norme tributarie. 
Il TAR, anche nella sua sessione collegiale, ha interpretato in modo restrittivo delle norme. Conseguentemente per il Chievo hanno messo di occuparsi del conflitto fra le due norme. Risolvere il problema del conflitto tra due normative avrebbe permesso di risolvere in modo agevole la questione e, verosimilmente in favore del Chievo. Invece i giudici non hanno affrontato la questione. La speranza del Chievo è che lo faccia il Consiglio di Stato