(di Camilla Cusumano e Marco Michelon) Nel secolo scorso Gandhi affermava: “La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui essa tratta gli animali”. E la nostra nazione oggi quanto sarebbe considerata grande e moralmente progredita utilizzando questo metro di giudizio? Per rispondere a questo quesito è necessario ripercorrere rapidamente l’evoluzione del diritto degli animali in Italia.
L’opinione degli antichi
Già gli antichi si erano posti la questione circa la natura degli animali; tra questi ad esempio si possono ricordare due grandi orientamenti in merito alla condizione filosofico-giuridica degli animali, quello di Pitagora (favorevole ad una loro maggiore tutela) e quello di Aristotele (antropocentrico). Il pensiero giuridico romano condivise l’orientamento aristotelico che considerava l’animale una semplice “res” (cosa) e questo riuscì ad influenzare tutte le legislazioni successive.
Una prima normativa italiana
Una prima “seppur blanda” forma di tutela la si trova nel precedente codice penale italiano del 1889 che puniva il maltrattamento degli animali. Tuttavia tale norma non aveva l’obiettivo di tutelare il benessere dell’animale, ma quello di non offendere la sensibilità umana. Pure l’attuale codice penale del 1930, riprendendo il contenuto di suddetta norma, conservava un approccio antropocentrico che aveva l’obiettivo di curare, non l’animale, bensì il patrimonio e la moralità pubblica.
La svolta europea
Un cambio di rotta decisivo è avvenuto con il Trattato di Lisbona che riconosce gli animali quali esseri senzienti. Ma cosa vuol dire “esseri senzienti”? Significa provare dei sentimenti come gioia e dolore, essere dotati di intelligenza e soprattutto essere capaci di modificare i propri comportamenti per proteggersi da pericoli e per garantirsi condizioni di vita migliori, esattamente come fanno sia gli esseri umani che anche gli animali. Ciò trova riscontro nel fatto che molti animali siano in grado sia di organizzare una vita sociale sia di pianificare il futuro. Ciò comporta la necessità di riconoscere gli animali quali soggetti di diritti.
Recepimento italiano e nuove prospettive
In questa ottica sono stati proposti più disegni di legge nell’intento sia di riconoscere gli animali come esseri senzienti anche in Italia che di vederne ampliate le tutele.
Ad esempio il disegno di legge n. 76 dell’attuale legislatura prevede l’introduzione dell’art. 455 bis c.c. il quale sancisce che “gli animali sono esseri senzienti”. Nella stessa prospettiva il disegno di legge n. 1078 dell’attuale legislatura sostituisce alla titolazione antropocentrica “delitti contro il sentimento per gli animali” quella di “delitti contro gli animali”, riconoscendo la loro centralità come soggetti che meritano tutela.
Questi ed altri disegni di legge volti a sensibilizzare i cittadini sull’argomento tentano di ampliare le tutele rivolte agli animali ben consci della necessità di riconoscere agli esseri animali uno status giuridico che gli elevi dalla condizione di res a quella di esseri senzienti soggetti di diritti. Ciò è stato possibile grazie al contributo di scienza e filosofia, capaci di un’evoluzione in senso animalista, che impone al diritto di tenere il passo.