La polemica, anche all’interno della maggioranza di governo, sul reddito di cittadinanza continua. Si stanno accorgendo che non risolve il problema della povertà. Lo dice perfino la Caritas che ha reso noto uno studio da cui emerge che a beneficiarne è meno della metà dei poveri. Tutti gli altri, per varie ragioni, non ne possono godere. Magari per essere proprietari di un piccolo immobile che non solo non gli rende nulla, ma che rappresenta una spesa e magari non hanno neanche i soldi per mangiare. Oppure, al contrario, ci sono quelli, come quelli scoperti dalla Finanza, che ne beneficiano e magari hanno un lavoro in nero ben pagato. Ma c’è di più.

Da uno studio della Cgia di Mestre, sempre puntuale nell’analizzare i fenomeni legati la mondo del lavoro, risulta che ogni posto “creato” con il Reddito di cittadinanza è costato allo Stato almeno 52 mila euro. Più del doppio di quanto spende un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time, 25 mila euro.

Solo 152 mila, su oltre un milione che riceve il Rdc, hanno trovato un posto di lavoro. Ipotizzando che abbiano riscosso l’assegno per almeno un anno prima di iniziare a lavorare, significa che hanno ricevuto quasi 7.000 euro. Quindi per ogni assunto tramite i “navigator” l’Inps ha speso circa 52 mila euro, per un totale di 7,9 miliardi.

Solo nelle province di Caserta (147.036) e di Napoli (555.646) si concentrano 703 mila beneficiari del Rdc. Dato che in Italia sono 3.550.342, solo in queste due province meridionali si concentra il 20% di coloro che lo ricevono. A questo punto, vista la distribuzione territoriale dei voti dei partiti favorevoli al Rdc, è lecito pensare che sia diventato solo uno strumento per raccogliere voti al sud. Non diverso, mutatis mutandis, da quello che negli anni ’50 utilizzava il comandante Achille Lauro ( celebre deputato e sindaco di Napoli, non il cantante!) quando in campagna elettorale regalava nei quartieri poveri della città la scarpa destra. La sinistra a elezione avvenuta.