(di Elisabetta Tosi) Anche Verona può vantare le sue bollicine fatte con un’uva autoctona, ma non sono quelle del Prosecco. Sebbene di gran moda e e presente ovunque anche nei locali della nostra città, il Prosecco non è un autentico prodotto veronese. Lo spumante Durello invece sì. E’ un vino che nasce dalla durella, un vitigno antichissimo e molto particolare, che cresce bene solo sulle colline a cavallo tra le province di Verona e di Vicenza, e che negli ultimi anni sta vivendo un momento di grande trasformazione. Chi già vent’anni fa apprezzava il Durello, oggi si stupisce della trasformazione che ha subito: da vino spigoloso e con un’acidità un po’ aggressiva, a spumante di classe, equilibrato, quasi rotondo.
Questo “viaggio” del Durello è ora raccontato nel libro “Il Durello dei Monti Lessini .- Identità e carattere di un autentico autoctono” realizzato dal Consorzio Tutela Vino Lessini Durello con il sostegno della Camera di Commercio di Verona e presentato di recente a Borgo Rocca Sveva, in occasione del tradizionale focus vendemmiale organizzato dalla sezione Assoenologi Veneto Occidentale. Molto curato graficamente, ricco di fotografie, mappe, grafici e illustrazioni, il volume affronta il tema Durello in tutte le sue sfumature, perfino enoturistiche: i capitoli finali sono dedicati alla scoperta delle strade del Durello, veronesi e vicentine, ricche di motivi d’interesse storico, archeologico, e scientifico di rilevanza mondiale. Non a caso La Val d’Alpone è candidata a sito patrimonio dell’Unesco. Il libro è stato scritto a più mani, alla sua stesura hanno partecipato enologi, agronomi, pedologi, esperti di agrometereologia, storici, ricercatori e docenti universitari. In oltre 300 pagine racchiude tutto quel che ad oggi si conosce dell’uva protagonista di una denominazione d’origine ancora piccola (poco meno di 500 ettari) ma in rapida crescita, e sempre più apprezzata anche all’estero, soprattutto in Giappone. Per questo il libro è scritto in italiano con estratti in inglese e in giapponese.
“Dopo 15 anni dall’ultima pubblicazione sul Durello, ne serviva una nuova – ha detto il coordinatore del progetto Aldo Lorenzoni, che per molti anni è stato anche direttore del Consorzio del Durello – Il mercato del Durello con il tempo si è ampliato, ma soprattutto è cambiato il vino. Il cambiamento climatico lo ha ingentilito, e la ricerca ha aggiunto nuovi biotipi di Durello: finora sono stati identificati 14 cloni”.
Sempre la ricerca, questa volta indirizzata a individuare i luoghi più adatti a coltivare questa varietà molto esigente (cresce bene solo su suoli collinari di origine vulcanica), ha permesso di scoprire anche altre uve, dimenticate da chissà quanto. Una di queste è il Gouais Blanc o Liseiret, un’uva bianca ritenuta quasi scomparsa in provincia di Verona. I genetisti viticoli la conoscono bene, perchè è uno dei “genitori” dello Chardonnay e di almeno un’ottantina di altri vitigni coltivati in tutto il mondo. Del resto, si sa che i monti Lessini sono una miniera di ritrovamenti paleontologici, dalla pesciaia di Bolca alla Grotta di Fumane. Proprio a Bolca nel 1950 veniva rivenuta una foglia fossile di Ampelophyllum vecchia di 50 milioni di anni. Era un’antenata della Vitis Vinifera, dei cui grappoli probabilmente si nutrirono sia i Neanderthaliani di 60 mila anni fa (dei quali si hanno tracce nella grotta di Fumane) sia i primi Homo Sapiens italiani (arrivati circa 30 mila anni dopo). Una storia, questa tra l’uomo e la vite, che inizia all’alba dei tempi e continua ancora ai giorni nostri.