(di Stefano Tenedini) Le guerre non si fanno più per conquistare le terre, ma quello che ‘è sotto: le materie prime. Presto verranno quelle per i dati o per l’acqua. Ma rischiamo di scatenarne subito qualcuna per l’energia, anche se al momento non si lanciano missili ma aumenti di prezzi e titoli derivati. Ecco cosa sta succedendo in Europa, come (non) risponde l’Italia e qual è il piano di Confindustria per aprire un tavolo col governo su questo tema bollente.

Da una dozzina di anni, da Lehman in poi, si passa di crisi in crisi quasi senza sosta. Ma per l’economia italiana diventa sempre più difficile. Le industrie devono innovare e reggere il passo dei concorrenti, tenere sotto controllo mille variabili, comprese quelle imprevedibili come il Covid. Le famiglie, più semplicemente e brutalmente, cercano di arrivare alla fine del mese. L’ultima bufera che sta agitando le aziende e i cittadini si chiama energia: prezzi ormai al galoppo stanno facendo saltare il banco, in uno scenario che non lascia presagire spazi di miglioramento. Ma in Italia è più facile polemizzare che parlarne numeri alla mano e ipotizzare soluzioni e correttivi. Ne sa qualcosa il ministro Cingolani, che ha affrontato il problema anche sotto il profilo delle fonti di approvvigionamento: ma ha usato la parola proibita “nucleare” ed è stato subito crocefisso. Un antico riflesso condizionato.

Potrebbe riprovarci giovedì 23 l’assemblea generale di Confindustria, che dopo il presidente Bonomi ascolterà il ministro per lo Sviluppo economico Giorgetti e in chiusura il premier Draghi. Confindustria sente il peso enorme di questa incombente crisi energetica, perché senza nulla togliere alla preoccupazione delle famiglie, è il sistema manifatturiero che si trova su una pericolosa linea del Piave. Se il caos energetico facesse saltare l’equilibrio tra costi e ricavi, addio promesse di un Pil 2021 vicino al +6%. O meglio: i fatturati si gonfierebbero sotto la spinta del gas, dell’elettricità, delle materie prime e dei trasporti, ma la redditività verrebbe ulteriormente compressa, con tanti saluti agli investimenti, all’innovazione, allo sviluppo e al recupero dei posti di lavoro persi col Covid.

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E infatti proprio Confindustria ha elaborato un documento – ancora in fase di definizione ma che L’Adige è in grado di anticipare – sui gravi rischi sistemici innescati dalla bolla energetica. A partire da numeri da brivido. I prezzi di gas e elettricità sono esplosi nel 2021: il primo del 1500% da maggio, la seconda del 300% da gennaio, per decollare a razzo in agosto. Cosa ci dice questo trend? Che come annunciato nei giorni scorsi gli effetti negativi si vedranno già a partire dalle prossime bollette, e che un raddoppio dei costi energetici non è impossibile, con una concreta minaccia alla ripresa dopo-Covid e guadagni sempre più compressi, con il rischio di andare in perdita o ritoccare i listini perdendo quote di mercato. Un guaio per tutta Europa, e a guadagnarci saranno i competitor più forti, come la Cina.

I motivi di questa deriva, sintetizza lo studio riservato di Confindustria, sono numerosi. Ce ne sono di tipo politico, come la scelta della UE di accelerare la transizione ecologica: nel Green Deal il progetto “Fit for 55” fissa obiettivi di riduzione delle emissioni così ambiziosi da essere penalizzanti per chi non ce la fa. Poi i mercati energetici dipendono sempre più dalla finanza e i trader commerciano in derivati che subiscono sbalzi insostenibili: i prezzi prima oscillavano di un euro per megawatt ma sono saliti fino a 10 euro (per il gas) e a 30 (l’elettricità). Fra le proposte c’è istituire meccanismi anti speculazione come in Borsa. Poi l’inverno è stato molto freddo, ma le scorte europee di gas non sono state ricostituite, da parte soprattutto di Gazprom (che punta sul gasdotto North Stream II), Tunisia e Algeria. Il rischio è di un inverno in cui nonostante prezzi alle stelle non sia disponibile il gas per scaldarsi.

In Italia si ipotizza di intervenire sulla parte fiscale della bolletta, un’opzione temporanea e insufficiente. Tra le proposte che Confindustria potrebbe avanzare al governo c’è un “bis” della sospensione degli ammortamenti civilistici anche nel 2021, che alleggerirebbe se non altro i bilanci delle aziende che hanno investito, e sarebbe a costi virtualmente zero. Ma il problema – finanziario, strutturale, ambientale, globale – investe come un treno la politica energetica nazionale e le scelte ambientali, su cui ovviamente ci si giocano voti e consensi.

Per rispondere all’emergenza climatica la transizione ecologica avrà un costo: far credere che nel breve termine o addirittura già adesso è scorretto. Confindustria metterà in chiaro che solare ed eolico da soli non possono sostituire le fonti fossili. Ogni alternativa ha rischi e benefici che vanno analizzati e discussi. Andrebbero integrate le varie fonti privilegiando quelle a basso impatto (l’impatto zero non esiste) e puntare agli sviluppi tecnologici che ci permettano di andare oltre. Ma attenzione alle falsità: chi dice “se avessimo più energia rinnovabile avremmo prezzi calmierati” mente. E se fosse nuvoloso per un mese? E se per quattro mesi la Pianura Padana restasse senza una brezza? Nel Regno Unito l’energia sale di prezzo a dismisura perché non c’è vento e gli impianti eolici restano fermi…

In definitiva di fronte alla crisi energetica che incombe Confindustria punterebbe a sottolineare che la sostenibilità è importante ed è un valore, ma dobbiamo fare sì che non incida sulla stabilità, lo sviluppo e la sicurezza: la transizione ecologica è un tema chiave che non deve azzoppare l’economia. L’idea è quindi portare con forza il tema sui tavoli politici. In questi mesi è cresciuta la sintonia fra gli imprenditori e l’esecutivo. E anche con i sindacati, come ha appena dimostrato l’intesa (faticosamente) raggiunta sul green pass: i fatti non sono bandiere ideologiche.