(di Giorgio Sartori) Da mesi la ventilata riforma fiscale ruota attorno anche ad una revisione del Catasto che, dalle prime indiscrezioni giornalistiche, sembra non portare nulla di buono per il settanta per cento di Italiani proprietari di immobili. In particolare per i soggetti di una certa età che integrano la pensione con qualche affitto, se non diventano essi stessi la fonte unica di reddito.
Porterà senza dubbio un innalzamento delle rendite catastali che, auspichiamo, non sia generalizzato, ma vada, invece, a rivedere le basse rendite e categorie catastali in cui sono classificati moltissimi immobili nel nostro Paese, nonostante siano stati oggetto di ristrutturazioni ed in conseguenza di ciò classificabili in categorie più elevate. Se questo controllo fosse stato fatto, con perseveranza, nel passato la situazione sarebbe migliore dell’attuale. Se il Governo decidesse, al contrario, per una semplicistica riclassificazione delle rendite catastali a carattere generale, speriamo che i Comuni, procedano all’adozione di provvedimenti che, mitighino la pressione fiscale sul mattone, mantenendo le esenzioni e le riduzioni già in essere, quali, ad esempio: sull’abitazione principale, sulle locazioni a canone concordato o di natura sociale.
Questo percorso dovrebbe essere possibile per effetto del maggior gettito dell’I.M.U, sulle altre tipologie di immobili, maggior gettito che potrebbe essere revisionato, in varianza di gettito, pur rispondendo alla quadratura dei bilanci comunali. Quanto sopra dovrà essere accompagnato da una costante azione di controllo e monitoraggio del territorio per recuperare le molte sacche di evasione. Pagare tutti, per pagare di meno è uno slogan che si addice anche alla fiscalità immobiliare.