(di Paolo Danieli) Una considerazione a margine dell’annunciato referendum per risolvere l’annoso problema della frazione Rizza, divisa fra i comuni di Verona, Villafranca e Castel D’Azzano. Lunedì ci sarà un’assemblea e poi si organizzerà un referendum per sapere se i duemila abitanti vogliono o annettersi ad uno dei tre comuni. Nella massima libertà. Com’è giusto che sia, dando anche atto ai tre sindaci “concorrenti” della massima correttezza e disponibilità ad accettare l’indicazione della popolazione locale. Fin qui tutto bene. Ma forse sarebbe il caso di prendere questa vicenda come spunto per una riflessione più ampia.
Abbiamo già osservato – ed è un’acquisizione generale- come in epoca di “transizione ecologica” sia sempre più necessaria una razionalizzazione dei servizi per ridurre consumi e inquinamento, oltre che per rispondere alle esigenze dei cittadini. Razionalizzazione che prevede, per esempio, per i trasporti, per la gestione dei rifiuti, per la distribuzione dell’energia, per l’istruzione primaria un coordinamento che per funzionare ha bisogno di una massa critica di un certo peso. Altrimenti si generano sprechi e disfunzioni.
Allora viene da pensare che il problema della frazione Rizza va rovesciato. Non sono i duemila abitanti a dover scegliere se andare con Verona o con Villafranca o con Castel D’Azzano, ma sono i comuni di Villafranca e Castel D’Azzano che si devono unire a Verona nell’ambito di un grande progetto aggregativo che possiamo chiamare della “Grande Verona”.
Oggi attorno alla città capoluogo ci sono tanti comuni che sono praticamente in contiguità territoriale o comunque talmente vicini da rendere necessario un processo aggregativo che produrrebbe la razionalizzazione di cui sopra. Inoltre Verona diventerebbe una città di 420 mila abitanti, cui arriverebbe una maggior quantità di finanziamenti dallo stato centrale. Senza contare il risparmio di strutture amministrative e di organi di rappresentanza.
Quando nel 1927 i comuni della cintura, come Avesa, Montorio, S. Michele ecc. vennero aggregati al comune di Verona le distanze erano molto più grandi. Ora S. Martino B.A. O S. Giovanni L. sono in totale contiguità con Verona. Che senso ha tenere ancora divise queste entità territoriali? Si pensi solo alla distanza che separa Roma da Ostia, che ha oltre 200 mila abitanti. E’ molto maggiore. Eppure Ostia fa parte del Comune di Roma. E così via…
Se vogliamo pensare in grande nella prospettiva dei prossimi decenni la Grande Verona non può aspettare oltre. Pena la condanna all’irrilevanza.