“Il voto in Germania deve essere di insegnamento anche per il centrodestra italiano. Il centrodestra in Germania ha preso una batosta storica. Il centrodestra italiano dovrebbe imparare che uniti si vince, soprattutto in Europa. Quindi ripropongo agli alleati di unirsi a Bruxelles, perché adesso siamo divisi in tre gruppi diversi e contiamo di meno. L’Italia conta di meno. Se i centrodestra italiani si uniscono l’Italia conta di più in Europa. Io sono pronto anche domani. Spero che Berlusconi e Meloni lo siano altrettanto”.
Sorge allora spontanea una domanda: ma quello che vale a Bruxelles non vale anche a Roma?
Le dichiarazioni rese oggi da Salvini in campagna elettorale non possono essere lasciate scivolare via come una battuta qualsiasi. Se la riflessione è rivolta solo alla situazione al Parlamento Europeo, Salvini deve spiegare perché lo stesso vale a livello nazionale. La scelta sua e di Berlusconi di entrare nel governo Draghi e quella della Meloni di starsene fuori, non è una bazzecola. S’è già visto che una divaricazione è già avvenuta. E che, complici diverse vedute per le elezioni comunali di Roma e Milano, rischia di allargarsi con pericolose ricadute sul territorio. A parole i tre leader rassicurano che la coalizione è salda. Ma poi nei fatti prendono posizioni diverse. E su temi non da poco. E’ difficile polemizzare a Roma e andare a braccetto in periferia.
Allora delle due l’una. Salvini pensava solo a Bruxelles, ma la cosa sarebbe strana dato che commentava i risultati delle elezioni nazionali e lo faceva non da una capitale europea ma da Altopascio, provincia di Lucca. Oppure, spaventato dal tonfo del centrodestra germanico, pensa a un’inversione di rotta in Italia e a riportare l’unità della coalizione in cima all’agenda politica della Lega. Dalle prossime mosse lo capiremo.