Al via la raccolta di riso nella provincia di Verona. In Veneto – precisa Coldiretti Verona – i risicoltori sono pronti all’appuntamento rispettando la fase di maturazione di un prodotto fortemente identitario e di qualità coltivato su 3.250 ettari. Nel Veronese, le varietà coltivate principalmente in circa 2200 ettari, in 24 comuni della bassa veronese, sono il Carnaroli e il Vialone Nano Igp, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta.

“Quest’anno la stagione della raccolta è iniziata con circa 15 giorni di ritardo a causa delle temperature piuttosto fredde sopraggiunte dopo la fine di agosto che hanno rallentato la maturazione – evidenzia Gianmaria Melotti dell’Azienda Agricola Melotti di Isola della Scala socia Coldiretti – La stagione si prospetta con una produzione nella media, ma siamo proprio all’inizio con il taglio dei primi ettari di Vialone Nano per cui stimiamo una raccolta sui 57-58 quintali all’ettaro. Buona la qualità.  Per quanto riguarda il Carnaroli, la produzione si attesta sui 60 quintali all’ettaro“.

A livello nazionale Coldiretti stima un calo della produzione pari a circa il 10% a causa soprattutto delle anomalie climatiche che hanno colpito le risaie nazionali, con bombe d’acqua e grandinate che si sono alternate a siccità e gran caldo, anche se la qualità è salva.

Il 90% del riso italiano – precisa la Coldiretti – si coltiva nel triangolo d’ora tra Pavia, Vercelli e Novara ma la coltivazione è presente in misura significativa anche in Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Nonostante le difficoltà causate dal clima l’Italia – continua la Coldiretti – si conferma primo produttore europeo di riso, con 226.800 ettari coltivati quest’anno e 4 mila aziende agricole che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di risone all’anno, pari a circa il 50% dell’intera produzione Ue e con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo.

A preoccupare è però – sottolinea Coldiretti – il fatto che il 18 gennaio 2022 scadrà la clausola di salvaguardia, la misura della Commissione Europea che ha eliminato la facilitazione del dazio zero sull’import di riso indica dalla Cambogia e dal Myanmar. Per anni i due paesi asiatici hanno beneficiato delle agevolazioni per esportare in Italia e in Europa nell’ambito del regime EBA (tutto tranne le armi). Il risultato è stato una vera e propria invasione di prodotto asiatico che ha messo in ginocchio i produttori nazionali. Facilitazioni che, peraltro, sono state sospese solo per la varietà di riso indica, mentre per la japonica hanno continuato a rimanere attive, nonostante le violenze verificatesi nel Myanmar in seguito al golpe militare. Serve dunque un impegno da parte della Ue per rinnovare la clausola di salvaguardia e se ciò non fosse possibile in tempi brevi, la Commissione dovrebbe attivare, entro il 18 gennaio 2022, il meccanismo necessario per includere il riso nell’elenco dei prodotti riassoggettati a dazio a seguito della revoca temporanea delle concessioni EBA alla Cambogia (Regolamento (UE) n. 2020/550) a causa di violazioni dei diritti umani in quel paese. Su quest’ultimo aspetto, si ricorda che gli uffici della Commissione avevano precisato che la non inclusione del riso  nel provvedimento era prevista in quanto la clausola di salvaguardia era già stata adottata per il riso di origine cambogiana .Inoltre il riso deve essere considerato un prodotto “sensibile” nell’ambito dei negoziati internazionali per gli accordi di libero scambio – sostiene la Coldiretti –, evitando nuove concessioni all’import e rendendo obbligatoria a livello europeo in etichetta l’indicazione del Paese di origine in modo da indirizzare gli investimenti dei fondi comunitari per la promozione solo verso il riso coltivato nell’Unione.

Per la sicurezza dei consumatori – afferma la Coldiretti – è poi necessario eliminare le soglie di tolleranza per le sostanze vietate all’interno dell’Ue con il divieto all’importazione di prodotti agricoli contenenti sostanze attive non approvate nell’Ue con reciprocità – conclude la Coldiretti – nelle regole sull’uso degli agrofarmaci tra i produttori Ue e tra questi e quelli dei paesi terzi.