Mala tempora currunt per l’Unione Europea. Sembra che si siano messi tutti d’accordo di creare problemi proprio adesso. Ieri la sentenza della Corte Suprema polacca per affermare la prevalenza giuridica delle leggi nazionali sui quelle dell’Unione. Poi, a ruota, la richiesta alla Commissione di fondi per innalzare dei muri per preservare i confini nazionali – che però coincidono con quelli dell’UE- dall’invasione di immigrati regolari provenienti dall’Asia per la rotta balcanica. E oggi, non c’è due senza tre, l’uscita di Orban a sostegno della Polonia.
In Europa si sta verificando una spaccatura fra le nazioni fondatrici o con maggior anzianità nell’Unione e quelle dell’Europa orientale, arrivate più di recente dopo la dissoluzione dell’URSS.
Tra le due componenti c’è una diversa visione dei rapporti con Bruxelles. Le prime più accondiscendenti, le secondi più refrattarie a cedere quote di sovranità ad una Commissione che a ben vedere non è un organo democratico, in quanto non eletta da nessuno.
Come se ciò non bastasse, a rovinare il sonno degli burocrati arriva anche un mutato atteggiamento nei confronti dell’immigrazione da parte dei paesi scandinavi, finora fra i più tolleranti ed aperti ad accogliere stranieri.
Tutto questo proprio mentre, una volta assorbito il brutto colpo della Brexit, a Bruxelles cominciavano a pensare alla costituzione di una Forza Armata Europea, passo avanti verso un’unione politica vera e propria. Ma a queste condizioni pare non ci siano i presupposti.