(di Stefano Tenedini) Siamo al giro di boa: due settimane andate, due settimane ancora da passare, con un occhio ai valori di Borsa e l’altro al tabellone delle azioni cedute (ndr. venerdì a mercato chiuso le adesioni erano il 15,58% del capiatle, di cui l’11% circa costituito da azioni proprie). L’Opa che Generali ha lanciato su Cattolica è la partita dell’anno per Verona. Non solo per sapere se il Leone prenderà casa sull’Adige (l’esito, possiamo dircelo serenamente, è praticamente scontato, in un modo o nell’altro), ma per capire se prenderemo questa vicenda come una sconfitta o come un’opportunità. Negli anni abbiamo perso per strada banche, aeroporto, peso politico, centralità, visione del futuro. Ma Cattolica no, Verona non la sta perdendo oggi: l’ha vista spegnersi negli anni, vittima di un sistema che non bisogna rimpiangere.
Per esser chiari: i soldi, l’Opa, la governance sono sì importanti, ma più per chi investe che per la comunità. Non possiamo parlare per gli azionisti, soprattutto per i “pacchetti” più cospicui, ma Verona non è pregiudizialmente contraria a Generali, a parte qualche dubbio sul prezzo. Ma ha bisogno di essere rassicurata che questa operazione non sarà l’ennesima tafazzata (auto)inflitta. Può essere il punto di ancoraggio per la ripartenza, sperando che non ci vogliano troppi cerotti per riattaccare i pezzi di ciò che Cattolica è stata e merita di tornare a essere, anche non più da sola ma inserita in un gruppo che ha tale rilievo da non sembrare neanche italiano. Ma dobbiamo essere onesti con noi stessi e con i fatti.
Cominciamo dalle cose apparentemente scontate, ma che vale la pena di sottolineare. Il periodo di adesione si chiuderà venerdì 29 ottobre: a quel punto i giochi saranno fatti e si tratterà solo di vedere il livello di adesione. Tecnicamente c’è la possibilità di un’eventuale riapertura dei termini, che però finora non è prevista né ipotizzabile. C’è chi immagina un rinvio di una ventina di giorni, in attesa che i risultati delle trimestrali delle due compagnie aggiungano qualche dettaglio, ma sembra più una speranza che una possibilità.
In pratica l’Opa decollerà col flusso dei conferimenti: finora sono abbastanza lenti. Ma è normale che tanti azionisti stiano ancora alla finestra? Pare di sì. In parte questa freddezza dipende dall’insoddisfazione di chi sperava in un prezzo più alto, ma spulciando i dati si vede che la partenza “frenata” è tipica di molte altre Opa. Cattolica (anche per l’apporto di azioni proprie) era già oltre il 15% nei primi giorni, quando altre operazioni scontavano un afflusso di azioni pari allo zerovirgola. La corsa all’adesione, infatti, di solito prende il volo soprattutto negli ultimi giorni.
Il legittimo desiderio di vedersi remunerare meglio la fedeltà alla compagnia veronese si scontra, però, con i conti della serva: fatti e rifatti i quali l’offerta, come ci hanno spiegato nei giorni scorsi anche diversi analisti, dipende dalle condizioni attuali di Cattolica, non dai suoi fasti passati. Non affetto dunque, ma numeri. Due sopra tutti: i 6,75 euro valgono il 15,3% in più rispetto al prezzo per azione al momento dell’annuncio dell’Opa; e superano del 40,5% la media dei sei mesi precedenti. Ma non tutti la vedono allo stesso modo.
Volendo fare proprio gli avvocati del diavolo, si potrebbe anche sottolineare che il recente miglioramento dei conti può dipendere anche dai primi effetti del riordino e del progetto di rilancio avviato col primo aumento di capitale da 300 milioni sottoscritto da Generali. Ci ricordiamo, vero, di cosa parlavamo in primavera? Dei dubbi dell’Ivass sulla gestione e la patrimonializzazione, delle inchieste, della governance, della cacciata dell’AD Minali, di operazioni in perdita o quasi… Alla fine il valore di una compagnia assicurativa si basa sui prodotti ma anche sul suo progetto di futuro, sulla sostenibilità del piano industriale, sulle persone che la guidano. Cioè sulla sua reputazione. Com’eravamo messi un anno fa, eh?
In questi giorni di attesa e di – immaginiamo – trattative riservate in corso, vale la pena di tornare, come si usa dire, ai fondamentali. Ad esempio ai “Programmi relativi alla gestione delle attività” contenuti nel Documento di Offerta di Generali. Sono i progetti, scritti nero su bianco, sul futuro di una Cattolica targata Trieste. Le autorità di vigilanza li hanno letti e convalidati, quindi è da qui che si deve partire. C’è un capitolo intero rivolto ai benefici per gli stakeholder, che sfiora en passant il prezzo e guarda al giorno dopo la fine dell’Opa.
Dice che i clienti potranno contare su nuovi prodotti, tecnologie digitali e servizi innovativi. Dice che non ci sarà la temuta decimazione della rete agenziale, che anzi sarà consolidata e integrata grazie a nuovi prodotti e servizi e a migliori relazioni con i clienti. Dice che sarà rafforzata la capacità di integrazione e supporto a favore della comunità del territorio, che verranno promosse le eccellenze locali in vista di una crescita sostenibile con investimenti green e in economia circolare. Dice ai dipendenti che lo sviluppo nazionale e globale darà opportunità di crescita professionale e nuove competenze, oltre a capacità di attrarre e di trattenere i talenti. E ai molti soci che sono anche clienti piacerebbe vedersi confermare le condizioni di favore nelle polizze… Sembra uno scenario win-win: dov’è il problema?
Non c’è. A questo progetto si può credere o no, ma non vi si contrappone un’altra visione di sviluppo. La distanza è economica, pari a poche decine di centesimi per azione. Non solo è lecito, ma è anche un bene che sia “solo” questione di affari (Nothing personal, it’s just business, dicono i killer prima di sparare), perché significa che anche chi solleva eccezioni non vuole vedere Cattolica spezzata, dispersa, umiliata. Generali può certamente vincere: ma i veronesi si aspettano che riconosca il fair value della sua storia e della sua comunità.
È vero che pur di conquistare la persona del cuore chiunque offrirebbe mari e monti, ma per scoprire se sono solo promesse o c’è un progetto solido non sarà necessario aspettare le nozze d’argento. Tra le righe c’è già un’indicazione illuminante. Generali scrive di voler “mantenere e valorizzare l’esperienza nel settore agricolo-assicurativo, nel terzo settore (associativo, enti religiosi) e nella bancassurance”. Potrebbe significare che in questi campi Cattolica continuerà a essere un riferimento anche nel sistema Generali? È naturale voler rafforzare questa competenza specifica in rami di business complementari per mettere a frutto decenni di esperienza e sfruttare le sinergie. Certo non per disfarsene.
Le obiezioni comunque in questi giorni fioccano. Il CdA di Cattolica ha definito congruo il prezzo? Ovvio, di fatto è già espressione di Generali, cosa poteva dire? Chi non aderisce all’Opa faticherà a negoziare le sue azioni? Eh, ma se ci fosse una fusione con concambio… E senza Opa c’è la spada di Damocle degli altri 200 milioni di aumento di capitale? No, il Solvency Ratio è migliorato… E avanti di questo passo. Difficile ragionare senza sembrare di parte, ma ci proviamo. Le valutazioni sul prezzo sono state espresse da diversi advisor anche lato Cattolica, tenendo conto di vari fattori e parametri. Sono lì da vedere, purché non con le lenti rosa dei bei tempi o delle attese basate sulle speranze.
Parliamo poi dell’ipotesi di fusione che è, appunto, un’ipotesi. Se non si arriva al delisting con l’Opa, Generali potrebbe procedere a integrare Cattolica in base a un concambio il cui rapporto è ancora tutto da valutare: e potrebbe anche non essere così favorevole. Ogni azionista è libero di guardare al proprio interesse, ma anche qui non c’è nulla di garantito. Quanto all’aumento di capitale ancora pendente, è vero che i dati di bilancio di Cattolica sono in miglioramento, ma Ivass la seconda tranche l’ha chiesta e il CdA l’ha deliberata, e per fare un paragone bucolico non è che basti una rondine e un occhio di sole per dire che l’inverno è finito. Allo stato attuale, pur facendo il tifo per un segnale positivo nel Solvency Ratio, non ci sono elementi che indichino una revisione o un ritiro della prescrizione.
L’ultimo chiarimento riguarda le azioni proprie di Cattolica derivanti dal diritto di recesso. Sempre Ivass ne aveva previsto la cessione entro la fine del 2021, e alcuni temevano che da questa cessione il prezzo di mercato avrebbe subito un contraccolpo. Invece nei giorni scorsi il conferimento non ha causato scossoni, e il prezzo è rimasto intorno ai 7 euro. Non ci sono dietro strani giochi: infatti le azioni proprie non sono state cedute, ma apportate in adesione all’Opa, senza scambi di mercato che avrebbero potuto avere effetti negativi.
Così gli azionisti e i soci storici di Cattolica, che hanno subito e vissuto male il declino degli ultimi anni, spiegano quotidianamente perché si sentono traditi. Sentimenti di cui Generali dovrà tenere conto quando avrà la responsabilità non soltanto di rilevare la società, ma di subentrarle nel rapporto con la comunità locale. Perché anche se esprimono numeri poco rilevanti rispetto a grandi capitali e investitori istituzionali, gli scettici e timorosi cassettisti delle famiglie veronesi sono voci significative nel sentiment del territorio, per iniziare con il piede giusto. Che – va ribadito – non dipenderà solo dal mezzo euro in più o in meno.