Il pianeta vino è scosso dal tentativo di scippare all’Italia un altro prodotto tipico, il Prosecco. L’altro, dopo una battaglia legale durata decenni è stato il Tokay, il cui nome da qualche anno può essere usato solo dal vino ungherese, mentre il nostro, quello prodotto da più di un secolo in Friuli, lo dobbiamo chiamare Friulano. Anche se un produttore non ha accettato questa che lui ritiene un’ingiustizia, e per protesta l’ha chiamato “No Name”.
Stavolta a insidiare l’italianità del Prosecco, il vino più venduto e più imitato nel mondo, è la Croazia con il suo Prosek, un vino da dessert proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia che non ha nulla a che vedere col Prosecco.
C’ha pensato la Coldiretti, in occasione del Vinitaly Special Edition in corso in Fiera, a far vedere a tutti una bottiglia di Prose in un padiglione dedicato alla “cantina degli orrori” dove sono esposti tutti i vini che sembrano italiani ma che in realtà non lo sono. Come avviene anche per molti cibi tipici del nostro paese.
Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha diffuso un dossier su “Il Prosek e i suoi fratelli” con dati sul fenomeno dei falsi contro il made in Italy. Come il “Bordolino” argentino, bianco e rosso, con tanto di bandiera tricolore; come il “Barbera bianco” prodotto in Romania, il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense.
Il Prosecco è fra i prodotti più imitati, con il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova.
“E’ necessario – sottolinea Prandini – fermare una decisione scandalosa che colpisce il vino italiano più venduto nel mondo”, anche alla luce “della Corte di Giustizia Ue che si è pronunciata chiaramente contro l’utilizzo di termini storpiati o grafiche per richiamare tipicità protette dalle norme Ue. Per questo è importante – conclude – l’impegno del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, del Governatore Luca Zaia e degli europarlamentari italiani ad intervenire per far respingere la domanda (della Croazia ndr)“.