A febbraio, mese in cui dovrà essere eletto il Presidente della Repubblica, mancano solo 4 mesi. E’ sempre importante l’elezione del Capo dello Stato, ma questa volta di più. Vediamo perché.
Mattarella ha espresso più volte l’intenzione di non ricandidarsi. Se ci dovesse ripensare il problema sarebbe già risolto. Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi. E avanti così.
Se però confermasse l’intenzione di mollare, la personalità più adatta a succedergli è Draghi che verrebbe eletto in carrozza. Ma a questo punto si aprirebbe un problema. Chi lo sostituisce a capo del governo? Draghi è l’unico che può tenere assieme una maggioranza così ampia e composita. Ed è anche l’unico che gode di quel credito internazionale che garantisce l’Italia soprattutto nei rapporti con l’Ue. Si aprirebbe allora una crisi di governo di difficile soluzione il cui probabile sbocco potrebbero essere le elezioni anticipate. Elezioni, che se fino a ieri voleva solo la destra, oggi, alla luce degli ultimi risultati elettorali, tentano anche il Pd. E questa è la seconda possibilità.
Ma ce n’è una terza. Che forse è la più probabile, e che segnerebbe una svolta epocale per il nostro paese. Vediamola. Draghi va al Quirinale. L’unica cosa che può fare per mantenere invariato il rapporto con l’Europa e garantire la medesima credibilità all’Italia sullo scenario internazionale è di mettere a capo del Governo un suo uomo, un uomo di paglia, un fedele esecutore che garantisca lo stesso assetto politico interno ed esterno di oggi. Così di fatto Draghi farebbe il Presidente della Repubblica e anche il Capo del Governo.
Si verrebbe cioè a verificare una riforma costituzionale “de facto”. Si passerebbe dalla Repubblica Parlamentare alla Repubblica Presidenziale. Una forma istituzionale che è sempre stata cara alla destra. Solo che si realizzerebbe solo nella sostanza, ma non nella forma. E questo non sarebbe il massimo, perché, come si sa, in politica anche la forma è sostanza.
Ma non è tutto. Si verrebbe anche a sedimentare un nuovo assetto politico. Non contando più niente i partiti ed essendo tutte le decisioni accentrate su Draghi, si verrebbe a determinare un assetto politico-istituzionale che funziona benissimo, ma che chiamare democratico sarebbe quantomeno azzardato.