(di Bulldog) C’è qualcosa di profondamente malsano nel dibattito sulle pensioni che, ciclicamente, torna ad avvelenare la vita economica e pubblica italiana. Malsano perché oramai si tutelano soltanto i “diritti acquisiti” dei boomers che stanno beneficiando di pensioni sproporzionate al reale ammontare dei contributi versati. Malsano perché si pensa alla tutela degli iscritti ai sindacati – in larga parte, e non a caso, pensionati – e si sottraggono energie, anche progettuali, ai lavoratori attualmente in servizio ed a quelli che, si spera, dovranno subentrare a breve. Malsano perché ogni volta, ciclicamente, richiama in servizio gli azzeccagarbugli che hanno fatto fallire il primo boom economico, buttandolo in politica, e che hanno perso l’occasione del boom degli Anni Ottanta incassando quando più possibile senza cogliere l’opportunità di modernizzare il Paese.
Malsano perché dice ai lavoratori che non c’è bisogno che loro si interessino del loro futuro, perché tanto c’è la Repubblica Italiana che pagherà comunque e sempre i conti a fine mese: una deresponsabilizzazione che ha causato la più totale ignoranza finanziaria nel popolo più risparmiatore al mondo.
Malsano perché nasconde la testa sotto la sabbia. Pochi dati: la percentuale di under30 che ci dice quanto grande sarà la coorte lavorativa nel prossimo futuro è calata dal 51,6% del 1951 al 28% del 2020. Sessant’anni fa mancava il lavoro, oggi mancano le braccia. E fatto 100 il numero delle pensioni, ben 19 sono assistenziali, concesse quindi – qualcuna probabilmente con ottime ragioni – in assenza di contributi versati. Una su cinque, per capirsi.
Nel 2020 l’imponibile previdenziale è calato di oltre 30 miliardi: dai 598 del 2019 ai 564 dell’anno scorso. Colpa del covid? Certo, ma sempre per il covid l’Inps l’anno scorso ha dovuto spendere 44,5 miliardi in prestazioni extra che hanno coinvolto 4,3 milioni di lavoratori autonomi, 6,7 milioni di dipendenti (che si sono sciroppati 23,8 miliardi di bonus), 4 milioni di famiglie che hanno incassato di tutto, di più: dai contributi per le baby sitter, a quelli per i lavori domestici, al reddito di cittadinanza, a quello di emergenza, alla conciliazione lavoro-casa…siamo sicuri che era tutto indispensabile? Come ripagheremo questi quattrini?
Ma non è questo il tema che interessa sindacati e partiti. Non interessa ad esempio il fatto che i pensionati siano 16 milioni e che fra loro, uno su tre sia andato in pensione anticipata o per anzianità, senza aver raggiunto quindi il minimo di contribuzione e questo a fronte di un allungamento della vita media. Non interessa che la spesa per pensioni sia in Italia di 307 miliardi (300 direttamente a carico dell’Inps), poco meno del 20% del Pil…conta che i dipendenti pubblici incassino il 50% in più dei loro colleghi privati (nonostante il un minor rischio professionale, purchè li continuino a votare e ad iscriversi a Cgil-Cisl-Uil) ed il 140% in più degli autonomi e dei parasubordinati. O che le donne incassino il 30% in meno dei maschi. Nel Paese delle mille tutele formali, gli anziani non sono uguali.
Il dibattito attuale non tiene minimamente conto delle necessità generazionali; non dice ai giovani che debbono iniziare oggi a mettere da parte quattrini per il futuro; non spiega loro come lo debbono fare (soltanto il 3% delle prestazioni pensionistiche attuali nasce in fondi di previdenza complementare); non dice che sì, ci saranno a breve molti posti fissi ma che la flessibilità resterà una caratteristica delle società prossima. No, molto meglio battersi per 200mila fortunelli (ad alto reddito se maschi, povere in canna se donne. Dati Inps 2021) che hanno beneficiato di quota100. O per scaricare sugli elettori di domani il costo delle non-riforme che anche Draghi finirà per fare. Un dibattito malsano per nascondere la verità: l’Inps, i soldi degli italiani versati per il loro futuro, sono stati usati per tante, troppe, mancette elettorali che hanno premiato ricchi e poveri creando un sistema ingiusto, costoso e tarocco. Hanno premiato industriali incapaci e sindacalisti sodali tenuti buoni dai ricchi compensi dei cda; politici in cerca di voti e fannulloni in cerca di reddito. E tutti questi sono sulle spalle della minoranza del Paese che lavora. Che così non si possa andare ancora avanti a lungo è evidente. Esattamente, contro cosa vogliono “scioperare” i sindacati nei prossimi giorni?