L’Opa di Generali su Cattolica è finita. Da questa sera l’84,475% delle azioni è passato sotto il controllo di Trieste, che potrà indire un’assemblea straordinaria per fondere e integrare la compagnia veronese nel gruppo e rimuoverla dal listino di Borsa. Una giornata che da un lato segna quindi di fatto la fine dei 125 anni di storia di Cattolica Assicurazioni, ma che dall’altro, come L’Adige ha ricostruito in queste settimane, potrà anche essere la prima pagina di un’altra storia, ancora tutta da scrivere.
L’attesa per l’ultimo giorno di Opa era molto alta: il fortissimo segnale di discontinuità è arrivato già in apertura delle contrattazioni in Borsa. Il titolo Cattolica ha esordito in netto ribasso a 6,58 euro, per scendere fino a un minimo di 6,28, praticamente sotto di mezzo euro rispetto alla chiusura di ieri. Poi, spinto dagli acquisti degli investitori che hanno visto nel prezzo basso uno stimolo a comprare, o forse anche dalla sensazione (o dai rumors) che la raccolta fosse a buon punto, è risalito nel pomeriggio ma chiudendo a 6,58 euro, in ribasso comunque del 2,66%.
Quotazioni a parte, la temperatura dell’operazione è salita rapidamente poco prima delle 17, quando Generali con una brevissima comunicazione ha annunciato che avrebbe detenuto, “per effetto delle azioni portate in adesione all’offerta oggi 29 ottobre, una partecipazione superiore al 66,67% del capitale sociale di Cattolica con diritto di voto. Pertanto deve considerarsi avverata la Condizione Soglia Minima”. Appena il tempo di valutare i nuovi possibili scenari con il raggiungimento dei due terzi del capitale e a fine giornata la situazione si è ulteriormente modificata.
Infatti con una seconda comunicazione Generali ha reso noto – sintetizziamo – che è stato portato in adesione all’Opa circa il 79,66% delle azioni oggetto dell’offerta. Si tratta del 60,803% del capitale sociale di Cattolica, e visto che Generali dall’aumento di capitale del 2020 ne controlla già il 23,672%, ecco che dall’alto di un pacchetto pari all’84,475% l’operazione Opa vista da Trieste oggi si può considerare quasi un successo pieno. “Quasi”, perché la distanza che da stasera separa Generali dal terzo step e da un delisting più rapido (il 90%) è poco più del 5,5%.
Sempre poche ore fa è arrivata la notizia che Maven Investment Partners, un operatore del Medio Oriente basato a Dubai e specializzato nell’investment banking e in fusioni e acquisizioni, ha raccolto una partecipazione del 3,169% di Cattolica. La notizia, fornita da Consob in base alla normativa sulle partecipazione rilevanti, precisa che l’operazione risale a lunedì 25 ottobre dopo che Maven era entrata in Cattolica il 20 ottobre, dunque già durante l’Opa. Non è ancora noto (ma è ritenuto probabile) se l’investitore di Dubai abbia apportato le proprie azioni all’operazione.
Per quanto riguarda le condizioni di efficacia dell’offerta, in un’altra parte della nota Generali comunica inoltre che “risulta avverata la condizione azioni proprie, avendo l’emittente (Cattolica stessa, ndr) apportato tutte le azioni proprie detenute ad eccezione di quelle assegnate in esecuzione di piani di compensi basati su strumenti finanziari. Si rammenta altresì”, prosegue la comunicazione, “che si sono avverate sia la condizione antitrust che la condizione soglia minima”. Mancano ancora i risultati definitivi dell’offerta, che saranno diffusi giovedì mattina 4 novembre, e i dettagli di altre condizioni formali di efficacia, che verranno rese note nei prossimi giorni. Si tratta delle condizioni su atti rilevanti, mancato aumento di capitale in opzione, autorizzazioni preventive, misure difensive e la condizione MAC. Di ciascuna Generali dovrà dare conto dell’avveramento, oppure del mancato avveramento o della rinuncia alla condizione.
Che cosa accadrà adesso? A questo punto c’è poco spazio per le ipotesi fantasiose: avendo superato la soglia dei due terzi del capitale sociale di Cattolica, la compagnia triestina controlla di fatto l’assemblea straordinaria, e può quindi decidere la fusione (in base a un rapporto di concambio ancora da definire) e procedere al successivo delisting. Va anche sottolineato che a differenza delle ultime Opa avvenute in Italia, Generali ha portato a casa il risultato senza aumentare l’offerta né allungare il periodo. Questo ha senz’altro logorato sia i piccoli investitori che i soci storici, ma anche i fondi più aggressivi che si attendevano un rilancio. Ma poi tutto è cambiato una settimana fa con l’adesione di Warren Buffett.
Per chi non ha conferito le proprie azioni si aprono scenari più o meno negativi (quanto, dipende dal prezzo di acquisto). L’advisor Equita aveva anticipato che Generali avrebbe proceduto alla fusione per incorporazione di Cattolica se avesse superato la quota del 66,67%. E in caso di fusione le valutazioni per il concambio non terranno conto di eventuali sinergie. Terminata l’Opa, è stato quindi chiarito, gli azionisti residuali, che se decideranno di vendere potranno farlo finché possibile sul mercato, riceveranno azioni Generali in base a una valutazione implicita di Cattolica inferiore a quella offerta in Opa. La zampata del Leone, insomma, alla fine si è fatta sentire.