Nel padovano, a Cadoneghe, un uomo di 84 anni ha ucciso la moglie 81enne, gravemente malata, e poi ha cercato di togliersi la vita. L’uomo è ricoverato in ospedale. Non si sa ancora perché e per come. Ma non ci vuole molto a capire che è un altro, ennesimo gesto dettato dalla disperazione. Non si tratta di delinquenti che uccidono per il proprio tornaconto o per odio. Sembra un paradosso, ma in questi casi chi uccide lo fa per amore.
Se dietro quella quantità crescente di vecchi che uccidono un proprio caro per porre fine alle sue sofferenze non ci fosse l’amore, non lo farebbero. Se ne resterebbero indifferenti davanti alla sofferenza. Attenderebbero senza tanti disturbi la fine della propria moglie o del proprio marito. Invece a rendere sopportabile la sofferenza dell’altro è l’amore.
Si fa presto a dire ’la vita è sacra’, che nessuno ha il diritto di interromperla. E’ vero. Ma quando sei davanti ad un tuo congiunto che soffre terribilmente senza alcuna prospettiva di guarigione, ma con solo quella di morire, tanti bei discorsi lasciano il tempo che trovano.
E’ facile pontificare con i principi. Bisogna trovarcisi dentro a certe situazioni. Ai malati oncologici per alleviare il dolore viene somministrata la morfina in dosi crescenti. Se poi sopravviene la morte per depressione del centro respiratorio questo è ‘un effetto collaterale’ e non viene considerato eutanasia. Lo stesso dovrebbe essere per gli altri malati terminali con grandi sofferenze.
E allora, siccome con l’invecchiamento della popolazione di questi casi ce ne saranno sempre di più, è urgente che una legge vada a regolare queste situazioni. Di questo devono farsene una ragione, e carico, anche i cattolici.