Sono ormai due anno che tutti e tutti i giorni parliamo di sanità. Prima non se la filava nessuno. O meglio, solo quando una ci capitava dentro. Invece da quando è scoppiata la pandemia la sanità, da Cenerentola è diventata un “diva”. I medici e gli infermieri sono assurti al ruolo di eroi del nostro tempo e, pur di vincere la battaglia con il Covid, non si è badato a spese. Prima dissennate, come i banchi a rotelle o le mascherine d’oro della coppia Conte-Arcuri. Poi, dopo la loro cacciate, più oculate. Ma sempre spese.
Adesso i nodi vengono al pettine e salta fuori un buco di 2,2 miliardi nella sanità post Covid. Molte Regioni rischiano di andare in piano di rientro e di tagliare la spesa proprio nel momento in cui si parla tanto di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale. E allora tutti i bei discorsi che si sono fatti attorno all’importanza della salute andrebbero a farsi fottere. E’ vero che per il 2022 verranno assegnati 2 miliardi in più al Fondo sanitario nazionale, ma non bastano. Anzi servirebbero solo a ripianare il buco. E poi saremmo daccapo. E tutto questo quando dovrebbe partire il mitico Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che a pronunciarlo riempie molto la bocca, ma che senza soldi diventa solo un suono.
Nel Recovery Plan ci sono 20 miliardi per la sanità. Però sono vincolati all’ammodernamento delle strutture ed all’acquisto di strumenti e non possono essere utilizzati per le assunzioni di personale medico e infermieristico, che è indispensabile per il funzionamento della macchina. Ed è noto che è sempre la spesa per impersonale quella che incide di più sui bilanci.
Se non si razionalizza la destinazione delle risorse adattandola ai bisogni reali del servizio sanitario e non a dei calcoli avulsi dalla realtà operativa al sanità italiana rischia di tornare ad essere la Cenerentola che era prima del Covid. Non si fanno le nozze così fichi secchi.