La terza dose adesso la chiamano “booster”. C’è scritto anche in ospedale. Ma chi è che capisce? Non è più semplice chiamarla “richiamo”, come s’è sempre detto per tutti i vaccini? Anche perché se lo scopo è di somministrarla a quanta più gente possibile – 2 milioni l’hanno già fatta- è meglio che tutto ciò che gira alla 3^ dose sia immediato, comprensibile a tutti. E parlare di “booster” non aiuta.
A confortare questo semplice ragionamento arriva la sentenza dell’Accademia della Crusca, l’istituzione che da secoli ha l’incarico di difendere la lingua italiana e dettarne le regole.
L’Accademia, per bocca del suo presidente Claudio Marazzini, professore emerito di Storia della lingua italiana nell’Università del Piemonte Orientale, ha definito “inutile e incomprensibile” l’uso di “booster” se rivolto al grande pubblico, ricordando che anche in questo caso il ricorso all’inglese è incomprensibile visto che la parola “richiamo” per i vaccini esiste dai primi del secolo scorso.
Ad usare per primo la parola “booster” è stato il direttore della Prevenzione Gianni Rezza in una circolare nel ministero della Salute del 27 settembre scorso.