L’appuntamento è fissato per il 19 novembre, dopodomani: il Gotha del Catullo ha invitato autorità e stampa amica a vedere la manutenzione effettuata su pista e infrastrutture di volo. Presente il grande capo Marchi, l’AD Scarpa, Paolo Arena e via via tutto il cocuzzaro. Dell’evento-marchetta poco importa se non che testimonia la pervicace volontà dell’azionista di minoranza – la SAVE, oramai dominus incontrastato dello scalo – nel tenere ben stretta la catena veneziana. Un guinzaglio che alla stragrande parte della città va stretto, ma non a mezza politica (fronte trasversale, con tosiani e Fratelli d’Italia insieme), alla Camera di commercio ed a Confindustria in virtù del legame fra imprenditori con Enrico Marchi e la sua banca d’affari Finint che raccoglie non pochi capitali scaligeri.
Prova ne è stata il dibattito che ieri sera “La città che sale” – associazione scaligera presieduta da Alberto Battaggia, già presidente della Società Letteraria – ha sviluppato su Zoom con un ricco parterre di ex amministratori dello scalo, parlamentari e politici – di diversa estrazione ma oggi tutti nel governo Draghi -, e professionisti che a vario titolo di sono occupati del Catullo: dall’avvocato Andrea Sartori, già consulente dello scalo, a Nicola Fiorini, commercialista che ha studiato e reso noto il nodo gordiano (qui) fra Verona e Venezia contenuto nei patti parasociali e nello statuto della società di gestione scaligera. E già alle domande: fu vero salvataggio? era necessaria la gara pubblica per rilevare le quote del Comune di Villafranca e per trovare un partner industriale che potesse sviluppare il nostro scalo? le opinioni sono abbastanza concordi. Save ha giocato una serrata partita per arrivare a controllare tutto il traffico aereo a Nordest e per governarlo, avendo al centro Venezia, il core business, la società dove banche e fondi internazionali pretendono dividendi. E quella partita l’ha vinta.
Tutto questo è comunque passato e L’Adige ne ha trattato a lungo. Il nodo è il futuro: che fare per uscire da un accordo che sembra un patto leonino? A Verona resterà il solo vettore Air Dolomiti perchè anche Volotea verrà “riposizionata” sulla Sardegna. E senza società che fanno base di armamento, per Verona la rotta è tracciata. Non a caso, Save ha proposto a RyanAir e WizzAir di fare base a Treviso ed a Venezia, con massicci investimenti. A segnare il destino di Verona è anche la dotazione infrastrutturale del Nordest: Bergamo è affacciata su un’autostrada a quattro corsie che rende facile il collegamento; Venezia ha il Passante di Mestre ed avrà la stazione della TAV al Marco Polo come il Charles de Gaulle di Parigi ha la Rer; Bologna ha un people mover che collega la stazione della TAV al Guglielmo Marconi. Villafranca ha un progetto in un cassetto della provincia, fermo da anni…E’ evidente che senza collegamenti per arrivare al Catullo, chi deve volare per lavoro va in un’ora a Bergamo, Bologna o Venezia. E basta guardare il numero dei voli giornalieri per vedere la conferma di quale sia il destino scaligero. Le previsioni a lungo termine presentate nel dibattito sono chiare su questo.
Ora, si può invertire la rotta? può crearsi una “maggioranza di volenterosi” per riappropriarci del Catullo? Per Massimo Ferro, già presidente, «Tutto si può fare capendo però che il quadro di sviluppo è fissato dalla concessione attuale e che da lì bisogna partire» Per Gianni Dal Moro la partita si può giocare, ma su più tavoli e con un disegno strategico di lungo periodo: la città metropolitana («Per entrare nel Prnn che stanzia 3,5 miliardi per le infrastrutture delle metropoli» spiega) in primis; un accordo con la Fondazione CariVerona («Unica disposta a crederci ed a mettere mano al portafoglio per rilevare le quote del socio Save»); un accordo con gli azionisti di Save («Qualcuno ci ha parlato insieme? sappiamo che vogliono fare? vogliono monetizzare la partecipazione in un settore che sconterà ancora diversi anni di crisi?») e, infine, un piano vero di crescita mettendo a gara il Catullo («Con advisor internazionali, basta con le camarille scaligere!») per trovare partner internazionali che creino collegamenti con hub importanti, una politica commerciale, relazioni col sistema produttivo dell’area del Garda.
Alla finestra ci sarebbero ancora fondi interessati. Necessari, perchè Enrico Marchi, ammesso che sia obbligato più che interessato a vendere, vorrà molti soldi. A suo vantaggio c’è il “sistema Verona” che – non si sa perchè dato che nessuno lo ha esplicitato – ha scelto Save. Ergo, il Catullo continuerà a crescere soltanto per quel minimo utile al suo budget, senza togliere al Veneto orientale il suo “vantaggio competitivo”. Cosa ci sia da celebrare venerdì, Dio solo lo sa…