(di Carlo Rossi) Il 19 novembre 2019 ci ha lasciato lasciato Roberto Puliero. Cantore moderno di Verona, uomo, prima che tifoso d’eccezione. Rispettato da tutti, da sinistra e da destra. L’autunno in corso rende ancor più nostalgico il ricordo dell’amico scomparso. A due anni di distacco questa mancanza nella cultura veronese si avverte ancora. Riportano le cronache, di come la pearà fosse il suo piatto preferito: «Mi chiedo perché non abbia avuto lo stesso successo del Pandoro. In fin dei conti la pearà è l’essenza stessa di Verona, città che non si concepisce senza Arena e senza pearà. Per me rappresenta anche un valore affettivo importante. Papà ce la faceva tutte le domeniche e voleva che noi quattro fratelli fossimo tutti presenti anche quando eravamo già fuori casa, per ritrovarci attorno alla sua pearà. Per me è come riprendere in mano un giocattolo di quand’ero bambino: ha un sapore inalterato negli anni».
Ed allora, con grande deferenza e anche allegria, con il sorriso, vogliamo ricordare una delle macchiette più divertenti, tra le tante, rimaste mitiche, come “Gustavo La Pearà“, tifoso della Bra. Così come da ricordare la sua rielaborazione de L’Amleto co la pearà da “Amleto in salsa piccante” di Aldo Nicolaj, adattamento originale e regia sua. Nel frenetico alternarsi di situazioni e personaggi, nello svelamento dei retroscena più comici degli eventi più tragici, nell’ironica rivisitazione di vecchi modelli interpretativi, lo spettacolo propone con festosa allegria un travolgente, scanzonato gioco sul teatro di ieri e di sempre.
Quanto alla pearà, la sua origine, secondo la leggenda, risalirebbe al cuoco di corte del re dei Longobardi, Alboino. Egli, infatti, doveva creare un piatto per rimettere in sesto la regina Rosmunda. La donna, infatti, si stava lasciando morire di fame dopo essere stata costretta a bere dal cranio, trasformato in coppa, del padre Cunimondo re dei Gepidi, ucciso in battaglia dallo stesso Alboino. Ciao, Roberto.