(Stefano Tenedini) Conquistare i clienti e tenerli legati ai propri prodotti – meglio, al proprio brand – per le imprese è come il Santo Graal. Oggi si chiama customer experience e richiede di stimolare anche l’entusiasmo di dipendenti e collaboratori, e questo compito ricade su imprenditori e manager, cui non basta una visione ma serve la capacità di trasmetterla e la voglia di portare il proprio team fuori da una bolla di modelli usurati, distorti e limitati. Partendo da una severa realtà: chi si accontenta di clienti “abbastanza soddisfatti” in realtà ha dei clienti “non soddisfatti abbastanza”. Che stanno per andarsene.

Ne ha parlato qualche giorno fa a una platea di imprenditori e professionisti veronesi Mario Sala, partner di Praxis Management e guru della vera e propria scienza del retail. Dicendo che per rendere i prodotti più forti e resistenti alle mode bisogna stimolare la passione dei clienti. E l’entusiasmo nasce dalle persone: tutti in azienda, dal titolare agli stagisti, deve promuovere, sostenere, lanciare prodotti e servizi, stimolare il team a farlo. Una chiamata alle armi ancor più importante oggi perché la ricostruzione dell’economia non può venire solo dai fondi europei: deve nascere dal basso. Ma non tutte le persone sono in grado di affrontare un compito che è creativo in senso “alto”, più che operativo e organizzativo.

Perciò il ciclo #Open21-22 in Vecomp Academy, sempre incentrato sulla cultura d’impresa, si è aperto con un focus sulle figure chiave che possono fare la differenza: i “leader che creano leader, che creano leader”, li chiama Sala introdotto da Francesco Masini. “Non parliamo di chi “tira su gente”, ma di chi sa far crescere gli altri facendo leva sul carisma, la competenza, una visione“, ha chiarito. “Se ne trovano ovunque, con storie diverse, impegnati nelle Pmi o nelle multinazionali. Hanno caratteristiche comuni, le più importante delle quali sono la forza di liberare i collaboratori dalla “bolla” delle loro abitudini, il saper suscitare entusiasmo e il saper cambiare la vita delle persone con cui lavorano”.

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Mario Sala (in alto con Francesco Masini) spiega che cosa fa un leader: spinge a pensare, ascolta, delega ma non rinuncia alla responsabilità
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La “bolla” non è solo la zona di comfort: contiene anche false credenze e convinzioni che hanno un pessimo influsso sulle decisioni e sull’elaborazione di problemi e soluzioni. Se le idee sono storte, i clienti le bocciano. I leader hanno quindi il compito e la capacità di spingere i loro collaboratori ad allargare lo sguardo. Succede lo stesso con i motori di ricerca, che ci rendono la vita facile ma ci danneggiano perché filtrano i dati e le notizie, selezionano e “semplificano”, ci fanno vedere solo un pezzo del quadro privandoci della visione d’insieme che ci sarebbe utile. E confonde le priorità finché non creiamo più la nostra linea guida ma seguiamo quella che arriva preconfezionata.

Un leader non si accontenta della pappa pronta quando si tratta di dati e di informazioni, non dà niente per scontato e ti insegna ad applicare correzioni continue per adattarsi ai cambiamenti. Tirar fuori il meglio dalla propria squadra è ciò che i leader che creano leader fanno di continuo, valorizzando il desiderio di contribuire al successo. Oggi ci servono persone che sappiano ispirare i “volontari” e stimolarne la capacità di raggiungere obiettivi impensabili. Un esempio per tutti: Wikipedia. Che è arrivata con un lavoro dal basso a mettere online 16 miliardi di pagine in 300 lingue ogni mese. Mandando KO la concorrenza, in primis i professionisti di Microsoft strapagati per creare l’enciclopedia Encarta.

Di fronte una sfida appassionante non guardiamo l’orologio o il guadagno. Il leader sa quali motivazioni muovono le persone e le spinge a fare ciò che fanno meglio e più volentieri. C’è un legame ideale tra un piccolo gesto e una grande visione. Un leader non crea scalpellini o muratori, crea costruttori di cattedrali. Anche se non è sempre tutto oro quel che luccica, visto che in ogni azienda c’è sempre un “demolitore accidentale”, che fa macerie del lavoro degli altri, distrugge le persone e il loro entusiasmo. “Non sono un pessimista”, sottolinea amaramente Sala, “ma tra nelle nostre ricerche gli entusiasti saranno sì e no un quarto: poi bisogna fare i conti con quell’altro 75%…”

Tra le altre caratteristiche positive, il leader non sa soltanto parlare, ma anche ascoltare, il che è ancora più importante. Sa suscitare l’aspettativa di ricevere attenzione. “Quando gli racconto un progetto ho sempre la sensazione che stia prendendo appunti”, è ciò che associamo a un leader. Valuta, ascolta, riconosce il merito e sviluppa la genialità collettiva senza la quale un team non sa vedere il vero obiettivo, perché da soli, per quanto bravi, non possiamo farcela. Il leader è quello che ti chiede in continuazione “E tu come la vedi? Cosa ne pensi? Cosa faresti?”. Non lo fa per giudicare, per dare i voti o per interrogare gli allievi, ma perché è davvero interessato alle nuove idee.

Ma bisogna tenere in equilibrio responsabilità e delega. “Devono fare parte del bagaglio di un vero leader, anzi, è una pre-condizione per suscitare consenso ed entusiasmo da un lato, ma anche efficienza e capacità di giudizio dall’altra. In queste situazioni il leader è uno che sa farti sbagliare per consentirti di apprendere dalla tua esperienza. Chi sa ispirare le persone”, conclude Sala citando un messaggio del coach di volley (e non solo) Julio Velasco, “sa anche quando è il momento di rimanere dietro alla linea bianca che separa l’allenatore dai giocatori”.