(di Bulldog) Arriva una legge finanziaria “espansiva” (tradotto, vuol dire che crea nuovo debito pubblico) e oplà ecco lo sciopero generale della Cgil e della Uil. Un bel tuffo nel passato, una manifestazione evergreen che sta bene con tutto, con le bandiere rosse che fanno tanto Natale... Peggio di questa manovra c’è soltanto un sindacato che pur di accontentare momentaneamente pensionati e dipendenti pubblici scarica sulle future generazioni un peso finanziario insostenibile. La pandemia ce lo ha fatto scordare, ma il debito pubblico italiano non è andato via: cresce ogni mese, nel silenzio generale (pure Bruxelles si volta dall’altra parte per non dover gridare allo scandalo), e ingrassa migliaia di rentier e istituzioni finanziarie. Oggi ha superato i 2.734 miliardi€, 155 miliardi in più rispetto a un anno fa. 155 miliardi sono il 50% in più della “mirabolante” crescita del prodotto interno lordo, che si è fermato ad un incremento di 102 miliardi€. Il debito cresce, ma cala la platea dei debitori che quel debito pagheranno: gli Italiani sono calati di 300mila unità in un anno, siamo poco più di 59 milioni ed abbiamo sul capo 46.137€ da pagare.
Il rapporto debito/pil è salito al 155,6% e a fine 2023 (quando sarà rientrato il rimbalzo del prodotto interno lordo che oggi tutti esaltiamo) sarà del 151%. Alla fine del 2023 avremo anche recuperato tutto quanto perso in pandemia, tornando ai livelli del 2019 che, ricordo, era l’ultimo di una lunga serie di anni a crescita praticamente a zero. Quindi ritorniamo in fondo al pozzo, nulla di più.
La differenza fra quanto produciamo e lo stock del debito oramai è di mille miliardi.
Quindi, dal governo dei migliori ci si aspetterebbe molto di più coraggioso che una banale rimodulazione delle aliquote Irpef che spreca 8 miliardi dando una mancetta che non cambia la vita di alcun contribuente. Ad esempio, mettere le mani sugli 80 miliardi di tasse che ogni anno vengono sprecate per garantire quelle 610 “marchette” che sono le agevolazioni fiscali; combattere il lavoro nero riprendendo e migliorando l’esperienza dei voucher (che potrebbero essere estesi anche ai secondi-lavoristi della pubblica amministrazione e del settore privato) e che potrebbero, questi sì, rientrare in un nuovo modello di agevolazioni fiscali che premi il “conflitto d’interessi” fra chi offre una prestazione e chi quella prestazione la deve pagare. Si potrebbe anche pensare a come rimettere in gioco – oppure tassare – quella enorme massa di liquidità che gli Italiani hanno in banca, che non produce nulla e che, invece, potrebbe tornare molto più utile del PNRR (sembra la panacea di tutti i mali, ma è niente rispetto a quello che gli Italiani potrebbero mettere in campo da soli, senza chiedere niente a nessuno) per creare quel nuovo lavoro regolare che è l’unico modo per abbattere il nostro debito.
Cgil e Uil, invece, preferiscono una bella manifestazione che fa risparmiare alle imprese ed allo Stato una giornata di lavoro, e che non cambia la sostanza “morettiana” delle cose: “mi si nota di più se non vengo alla festa, oppure se vengo, e mi metto in un angolo, e tu mi vieni a cercare e mi chiedi cosa c’è che non va?”.