(di Bulldog) Ilvo Diamanti è uno degli osservatori più attenti della società e della politica italiana; dalla fine degli Anni Ottanta (quando ha debuttato come analista al settimanale economico del Gazzettino di Venezia) ad oggi ha raccontato tutte le variazioni nel sentiment della pubblica opinione. L’ultima sua ricerca riguarda la volontà degli Italiani di eleggere direttamente il Capo dello Stato, una figura che – lungi dall’essere neutra come nei primi tempi della Repubblica – oggi è il baricentro della politica nazionale. Al di là dei compiti istituzionali, oggi rappresenta il “garante di ultima istanza” dei cittadini davanti alle giravolte dei partiti. Lo si vede ad ogni crisi di governo o nei momenti di tensione internazionale.
Ora, secondo l’analisi di Diamanti 3 italiani su quattro vogliono poter votare direttamente il Presidente. Sono la quasi totalità degli elettori di centrodestra, una ampissima fetta dell’elettorato dei 5Stelle e ben il 61% degli elettori Pd. I primi non stupiscono – è da sempre una battaglia della Destra italiana, dal Msi in avanti – i secondi ed i terzi sono una felice sorpresa. Del resto, votiamo direttamente il nostro Sindaco e il Presidente della nostra Regione e queste due figure sono, assieme all’inquilino del Quirinale, proprio le figure istituzionali che godono del maggior prestigio fra gi elettori. Come la pandemia ha dimostrato. Li votiamo, li controlliamo e li giudichiamo. Più semplice di così…
Diverso il discorso del premier – siamo una Repubblica parlamentare, quindi non decidiamo “noi” – e la massima magistratura. I padri costituenti volevano un vertice istituzionale “debole” rispetto al Parlamento. E ci sono riusciti perfettamente. Non avevano calcolato la deriva di quel Parlamento capace di creare governi con la scadenza già scritta in etichetta. Angela Merkel ha guidato la Germania per sedici anni consecutivi. Credo abbia conosciuto almeno una dozzina di suoi parigrado italiani…
Ora, cosa serve realmente per una Repubblica presidenziale? Oltre alla volontà reale dei partiti politici servirebbe una vera rivoluzione culturale: riconoscere ed accettare tutte le parti politiche per davvero facendo saltare più d’una conventio-ad-excludendum che non ha penalizzato soltanto la Destra in questo Paese. Perchè che sia un presidenzialismo pieno o “moderato” alla francese (dove il governo risponde anche alle dinamiche parlamentari) bisogna che impariamo tutti ad accettare che per sette anni chi sta al Quirinale da lì non si muove. Cambieranno forse i premier ed i ministri (come accade in Francia assai spesso), ma non il dominus della politica. Macron sta all’Eliseo sino a fine mandato che piaccia o no, che funzioni o no. Quindi se vince Meloni sta su Meloni, se vince Grillo sta su Grillo.
E in entrambi i casi né la piazza né la magistratura dovrebbero poter cambiare il quadro istituzionale (Macron ha retto nonostante i gilet gialli e Chirac e Sarkozy hanno dovuto rispondere dei loro atti soltanto una volta usciti dall’Eliseo). E nemmeno i partiti avrebbero la possibilità di “giocare” con le premiership per accontentare – come accade in Italia – le mutate sensibilità interne. E le annesse voglie di poltrone.
Insomma, per l’elezione diretta del Capo dello Stato in Italia serve una dose più alta di maturità politica. Un booster modello Pfizer. Dal reciproco riconoscimento ad un ruolo diverso della Magistratura e dei partiti. Non se ne farà nulla, ci scommettiamo?