“Nuje simmo serie…appartenimmo à morte!”: Totò non aveva dubbi. I morti sono tutti uguali. Ma lui era un limpido, che voleva volare alto sopra le miserie della vita. E della morte. Limpido e un poco ingenuo: perché i morti non sono tutti uguali.
Oggi ad esempio è morto in ospedale un signore, convintamente no-vax, così convinto che il covid non esiste da morircene. Sempre oggi è caduto, dopo mesi di malattia, un fedele servitore dello Stato che ha difeso gli interessi della nostra Nazione in Kosovo da dove è rientrato con una neoplasia dovuta dall’uranio impoverito, elemento presente nel munizionamento Nato usato “abbondantemente” nella guerra contro la Serbia.
Il primo, dello Stato, dei suoi valori, delle sue regole, ha fatto strame. Il secondo, le ha portate così in alto da accettare senza rabbia il triste destino che il servizio gli ha assegnato. Il primo ha avuto “l’onore” di essere invitato in media nazionali a dire la sua, a diffondere la “controcultura” dei no-vax, ad alimentare coi suoi comportamenti scorretti il propagarsi della pandemia, a renderla permanente ed a vanificare gli sforzi di milioni di Italiani perbene.
Il secondo non se l’è filato nessuno, è morto in silenzio, nel suo letto d’ospedale, senza telegiornali, senza giornalisti d’assalto, senza visibilità. E come lui sono morti altri 400 soldati d’Italia che hanno contratto tumori per causa di servizio che però la Difesa non riconosce. 7mila500 ammalati, 400 caduti: questo è il costo nascosto delle operazioni di pace. Per vedersi tutelati, i militari sono costretti a fare causa allo Stato, quello Stato che hanno giurato di difendere e che, in cuor loro, non vorrebbero portare in tribunale.
Ora quel militare avrebbe avuto sì tutto il diritto alla ribalta dei media, il diritto di raccontare i suoi problemi, i suoi sogni di padre, il suo servizio reso al Paese. Il fatto che ciò non sia avvenuto la dice lunga su cosa è diventato questo Paese: un posto che premia chi opera contro i suoi interessi. Basta che faccia audience.