(di Attlio Zorzi) Col 2022 saranno 5 anni che noi Veneti ci siamo espressi col referendum per l’Autonomia. Da allora nulla è stato ottenuto. E’ scontato che neanche quest’anno l’otterremo. Allora l’unica cosa da fare è dotarsi di una strategia per il prossimo futuro. Diciamo per il 2030. Come fare?

Tutto inizia a cavallo fa gli anni ‘80 e ’90, quando Bossi intercettava le istanze autonomiste di stampo meramente economico e fiscale della Lombardia, mentre Rocchetta, già da due decenni, portava avanti una battaglia culturale ed identitaria per l’indipendenza del Veneto, attraverso la Liga Veneta, fondata nel 1979.

Nel 1989 nasce la Confederazione della Lega Nord, che oggi è diventata la Lega, che nonostante l’apertura nazionale di Salvini, mantiene ancora il grosso del proprio bacino elettorale nel Nord e in particolare, ha la sua roccaforte in Veneto.

È questo lo spazio politico dove si deve inserire l’operazione culturale, identitaria e strategica per l’Autonomia. Che non ci verrà mai concessa da Roma. Ce la dobbiamo prendercela con la forza. Certamente non manu militari, ma attraverso una decisa azione politica ed elettorale che ci faccia ottenere un’autonomia in tutte le materie, escluse difesa e politica estera. Un’autonomia paragonabile a quella del Trentino-Alto Adige.

Per farlo bisogna slegarsi dall’immediatezza del presente e dai ragionamenti di opportunità elettorale di brevissimo termine, e iniziare a programmare il futuro da adesso. 

Ottima come primo passo la proposta di Zaia di introdurre nelle scuole lo studio della storia, della lingua e della cultura Veneta per creare la consapevolezza della comune identità e quindi dei comuni interessi. Identità che nei giovani è meno percepita. E per mantenere viva l’identità del popolo Veneto e che la Liga ha raccolto e portato avanti nonostante le difficoltà del partito nazionale nel corso dell’ultimo decennio. 

La Lega in Veneto è ancora a tutti gli effetti la Liga Veneta. Essa non è percepita dall’elettore medio come un partito nazionale, ma come il partito regionale che tutela i propri interessi e ne rispecchia i bisogni. Proprio per questo talvolta l’anima Veneta del partito si è anche posta in contrapposizione sul piano intellettuale, sociale ed economico, alla Lega Lombarda, che da sempre domina, ma che focalizzandosi su una condivisibile richiesta economica di autonomia fiscale, non può cogliere appieno la portata storica ed identitaria del fenomeno Veneto.

Una strategia volta ad ottenere l’autonomia reale deve quindi intercettare questa istanza e farsene interprete offrendo all’elettorato l’alternativa di un’unica entità politico-culturale che ne rappresenti l’identità. 

Si potrà certamente partire dalla base politica della Liga Veneta, ma sarà necessario ampliarla a tutta quella parte di elettorato che si è espresso per l’autonomia nel 2017, e ha dato un largo consenso a Zaia e alla sua lista civica alle regionali del 2020. 

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Franz Josef Strauss, leader carismatico della CSU bavarese e azionista di peso dei governi tedeschi del dopoguerra

La strategia politica si deve basare necessariamente su un Partito-Regione di centrodestra, com’è il larga parte l’elettorato veneto, mediando le due esperienze dellla CSU in Baviera e della SVP in Alto Adige. La prima come esempio di sistema confederativo inserito alla perfezione nei meccanismi governativi tedeschi. La seconda come rappresentazione dell’ottenimento dell’autonomia, in cambio del sostegno elettorale e parlamentare ai vari governi italiani.

La forza di questa strategia starebbe nell’avere potenzialmente i numeri per incidere su qualsiasi governo, riportando così i politici Veneti in ruoli di vertice sul piano nazionale, cosa che manca da decenni. 

Chi come me ha meno di 30 anni non ha ricordi di un politico Veneto davvero influente a Roma. E soltanto lo studio della storia mi ha permesso di conoscere i vari Rumor, Bisaglia, De Michelis o i veronesi Gonella e Trabucchi, con grandi rimpianti per le occasioni perse dalla nostra Regione e dalla nostra Provincia negli ultimi anni. Tuttavia, il punto più importante di questo progetto sarebbe quello di utilizzare il consenso elettorale, come mezzo politico di scambio, per ottenere pezzo dopo pezzo l’autonomia.

Tale strategia non è facile. Tuttavia, facendo un’analisi delle recenti elezioni, potrebbe avere i numeri sufficienti per riuscire nell’impresa. Nel referendum del 2017, si erano espressi favorevoli all’autonomia circa 2,275 milioni di Veneti; mentre Zaia ha incassato lo scorso anno, in pieno periodo pandemico, un 76% di preferenze, pari a 1,884 milioni di voti. Se quindi rapportiamo i dati del referendum del 2017 con la percentuale dei votanti alle elezioni nazionali del 2018 (quindi dati pre-pandemia), che hanno visto circa 33,978 milioni di italiani recarsi alle urne, si potrebbe ottenere un rilevantissimo 6,7% dei consensi su scala nazionale. Se vi rapportiamo, invece, i dati dell’elezione regionale dello scorso anno, avremmo comunque un 5,5% dei consensi a livello nazionale.

Tali percentuali, in entrambi gli scenari, sarebbero ampiamente sufficienti per rimettere il Veneto al centro della politica nazionale. 

Così il Partito-Regione, sulla scorta delle esperienze sopra citate, sarebbe nella condizione di diventare l’ago della bilancia per qualsiasi governo, potendo così ottenere sia ruoli chiave nell’apparato statuale nazionale, sia per avere effettivo potere contrattuale per portare a compimento l’autonomia. 

Le scadenze elettorali ci vengono in aiuto: Zaia, nel 2025, dovrà per legge abbandonare la carica di Governatore e non potrà più ricandidarsi. Difficile capirne l’ambizione ad oggi, visto che non si è mai pronunciato sul suo futuro. Zaia però, per l’essenza Veneta che incarna e per il consenso elettorale di cui gode, potrebbe essere la figura adatta, per porre in essere il cambio di paradigma all’interno della Liga Veneta, mutandola da parte integrante della Lega, a nuovo soggetto regionale indipendente, all’interno di una confederazione del centro-destra italiano. 

In questa fase non è importante la forma giuridica della strategia. Verrà delineata nel corso degli eventi e sarà frutto delle inevitabili mediazioni politiche. Quel che ora conta è delineare e valorizzare l’essenza e l’obiettivo di questa strategia: un Veneto autonomo, attore rilevante in ogni aspetto cruciale dell’Italia.

Zaia potrebbe rappresentare l’apice di questo progetto, cavalcando una serie di coincidenze politiche e temporali, che lo rendono l’uomo giusto al momento giusto. È però altrettanto evidente che un uomo solo non può realizzare un simile progetto, perché questa strategia nasce come risposta a un sentimento identitario, culturale ed economico, che vive profondamente nella collettività Veneta. 

Sarà perciò fondamentale che le migliori forze intellettuali, economiche e politiche della  nostra Regione capiscano che muovendosi tutti insieme e coesi sarà molto più facile far valere i nostri interessi, invece di continuare a seguire le direttive romane, che per forza di cose ci vogliono periferia e non centro.

Infine, starà a noi veronesi riuscire a porci centrali in questo progetto, ricordando, che il Veneto, nella sua più grande accezione territoriale, va da Verona a Trieste e non si limita al triangolo Padova-Venezia-Treviso. È in tale aspetto, che qualora Zaia, decidesse per puro ed ipotetico caso di attuare una siffatta strategia, che noi veronesi dovremo farci trovare pronti per pesare ed incidere davvero. 

Competenze e qualità, intellettuali ed imprenditori, lavoratori ed innovatori, sostenitori ed elettori non mancano, né in Veneto né a Verona. 

Niente è scontato, ma una cosa è certa: se non si perseguono i propri interessi attraverso una strategia chiara e una visione futura, si sarà sempre condannati dalla storia all’irrilevanza e al declino. Questo articolo è una speranza. Di sicuro esprime una visione strategica per far riflettere, su dove effettivamente si vogliano portare il Veneto e Verona nel prossimo futuro.  Questo compito spetta a noi, non ad altri!