Da un lato gli aumenti in tutti i settori e il calo delle presenze per le limitazioni anticontagio, dall’altro la volontà del Comune di mantenere tutte le aperture e inalterati i servizi. Una combinazione che all’Amministrazione costerà il 20 per cento in più nel 2022. Ossia minori introiti per 10 milioni di euro. Se negli anni preCovid i servizi a domanda individuale garantiti dall’ente pubblico venivano coperti all’incirca per metà da cittadini o turisti, con tariffe e contribuzioni versate, la pandemia ha ridotto drasticamente la percentuale. E fatto salire vertiginosamente la spesa a carico del Comune.
 

Aprire gli asili nido, ma anche organizzare i soggiorni climatici o i corsi extrascolastici, mantenere gli impianti e programmare le manifestazioni sportive, garantire il servizio delle mense, tenere le porte aperte di musei, teatri e gallerie, quest’anno, avrà un costo complessivo di circa 52 milioni di euro. A fronte di una previsione di introiti di 17 milioni di euro. Questo significa che solamente il 37 per cento della spesa sarà coperta dagli utenti, il restante 63 per cento dovrà essere sborsato dal Comune per mantenere invariate qualità e quantità dei servizi erogati e, allo stesso tempo, non pesare sulle tasche dei cittadini e sui bilanci familiari.
 

Ad inizio 2020, ossia prima del Covid, i costi totali ammontavano a 56 milioni di euro e gli introiti a 27 milioni. La copertura delle spese da parte dell’utenza, quindi, era del 54 per cento, ben 17 punti percentuali in più, corrispondenti a una decina di milioni. In questi giorni, la Giunta comunale ha approvato il documento che prevede per l’esercizio 2022 le entrate e i costi dei servizi a domanda individuale. E la fotografia è poco incoraggiante, soprattutto se non arriveranno sostegni dallo Stato.


Tra le attività conteggiate, quella che in percentuale ha entrate maggiori è l’organizzazione dei soggiorni stagionali, gli utenti, infatti coprono l’88 per cento del costo totale, ossia 814 mila euro. Mentre mense scolastiche e musei arrivano a quota 32/33 per cento. Ciò significa che su 36 milioni di euro di costi, il Comune ne incassa 12. Le aperture a singhiozzo, infatti, non hanno diminuito i costi del personale o delle strutture, ma solamente ridotto notevolmente le entrate. Che diventano così un ulteriore costo per il Comune. Esempio lampante è il servizio dei bagni pubblici che annualmente costa 95 mila euro indipendentemente dal numero di persone che ci sono in città e che li potrebbero utilizzare.


Questa mattina, in diretta streaming, l’assessore al Bilancio Francesca Toffali ha illustrato le prospettive per l’anno appena iniziato e l’aumento dei costi che l’ente locale dovrà affrontare dato il protrarsi di numerose situazioni di incertezza.
 

“Tutti questi dati si traducono in un 20 per cento in più di costi per il Comune, che dovremo coprire per continuare a garantire la qualità dei servizi a cui i veronesi sono abituati – ha detto Toffali -. Meno persone in città, meno studenti che ricorrono continuativamente ai servizi scolastici, chiusure e limitazioni in musei, teatri e impianti sportivi, a fronte di costi invariati perché il personale e il mantenimento delle strutture non diminuisce, anzi, aumentano le bollette. Le Amministrazioni locali hanno bisogno di essere supportate. Se nel 2020 erano arrivati corposi sostegni statali, che abbiamo speso in gran parte nel 2021, per quest’anno non è stato annunciato nulla. Al momento, l’ultima Legge Finanziaria non prevede nuovi stanziamenti. Facciamo un appello al Governo, gli Enti locali non vanno lasciati soli ma aiutati, affinchè possano a loro volta garantire i servizi ai cittadini”.