(di Bulldog) Le aggressioni sessuali della notte di Capodanno in Piazza del Duomo a Milano pur non rappresentando un fatto nuovo in sé – casi analoghi si sono registrati nel passato – impongono alcune riflessioni su come questo Paese sta affrontando la questione immigrazione e su come si stia ampliando il solco fra buon senso e ideologia.
La riflessione riguarda la società, la politica e l’informazione.
La prima assiste con sempre maggiore sgomento alla presenza non di immigrati (oramai quello regolari sono circa il 10% della popolazione e a loro abbiamo affidati i nostri grandi-anziani, buona parte dell’industria agroalimentare e della distribuzione) quanto della enorme massa di irregolari, del numero quotidiano di arrivi di persone che in parte fuggono da situazioni di rischio, ma che sempre più spesso sono migranti economici o semplicemente malavitosi che cercano nuovi mercati d’azione. Quello che lascia sconcertati è soprattutto l’assenza di una “buona politica” che sia capace non soltanto di far sbarcare queste persone, ma che sia attiva nei controlli (sin dalla prevenzione delle partenze), nella gestione della loro accoglienza offrendo una cornice di legalità, di sicurezza delle persone sbarcate, di opportunità di scuola e formazione, di dislocazione dei migranti ecc…
Prendere i migranti per poi gettarli in strada, nella grinfie del caporalato e della malavita organizzata non ha davvero senso e non fa che lievitare il tasso di criminalità, di saturazione del nostro sistema giudiziario e penale. Anzi, paradossalmente, l’assenza di una buona politica estremizza i migranti facendoli diventare consapevoli che non soltanto non sono bene accetti, ma che lo Stato è il primo che li gestisce come fossero animali e non persone. Pensare che la situazione attuale non favorisca la radicalizzazione religiosa, ad esempio, è una pericolosa illusione.
La politica italiana dovrebbe uscire dai comodi steccati ideologici – da un lato accoglienza zero, dall’altro porte aperte indiscriminatamente e se qualche ragazza viene stuprata, pazienza… – per attuare una seria politica di immigrazione che tenga conto di alcuni elementi cardine: le necessità reali della nostra società e della nostra economia; gli italiani di seconda e terza generazione che magari vorrebbero rientrare nel paese dei propri avi; la migrazione interna all’Unione europea; una sorta di “diritto di prelazione” per le persone provenienti dall’ex impero coloniale italiano. Questo in compensazione di quanto abbiamo lasciato e per valorizzare un legame che c’è comunque e resiste nel tempo: a Mogadiscio sono tornate trasmissioni radio in lingua italiana, ad esempio, e magari qualcosa di buono potremmo anche realizzarlo.
Serve ridiscutere gli accordi europei, dato che è evidente che Francia, Germania, Belgio e Regno Unito non vogliono più immigrati irregolari provenienti dall’Italia e che la stessa Unione deve fissare delle nuove regole comuni. Serve una buona legge italiana che preveda canali tutelati e chiuda definitivamente con scafismo, ONG e schiavitù.
Una buona legge aprirebbe le porte anche ad una nuova regola sulla cittadinanza, imponendo una cornice forte alle seconde generazioni, tagliando il legame col paese d’origine, e soprattutto che offra alle ragazze nuovi diritti, nuove tutele e l’affrancamento da regole tribali, famigliari e religiose che non appartengono all’Italia. Sono infatti le donne la chiave per un’integrazione vera: più diritti riusciremo a garantire alle nuove Italiane e più sicuro sarà il nostro Paese.
Terzo nodo, l’informazione: abbiamo chi grida al lupo solleticando i peggiori istinti, e chi nasconde tutto sotto il tappeto. Ci sono voluti più di un giorno per avere l’attenzione dei principali mass media sulle violenze sessuali di Milano quando l’assassinio di George Floyd è andato online praticamente in diretta in Italia. Così come in secondo piano è finito l’assassinio di uno studente italiano a New York per mano di un delinquente di colore o l’uccisione di un nostro diplomatico in Africa e del suo carabiniere di scorta. A parti invertite – l’uccisione di uno studente di colore in Italia o di un diplomatico africano e del suo bodyguard – avremmo avuto prime pagine a go-go. Si cerca di non evidenziare quello che ai lettori è già evidente: ovvero che gestiamo l’immigrazione in maniera non adulta, non da settima potenza industriale del pianeta, non come paese di riferimento del Mediterraneo, abdicando vigliaccamente al nostro ruolo.
Metà paese si inginocchia per partito preso; metà paese chiede un pugno di ferro che al momento nessuno può garantire, neppure i propri rappresentanti al governo. Un’Italia così immatura rischia di replicare i ghetti inglesi e le banlieue francesi e di crearsi nuovi e ben più gravi problemi nei prossimi anni. Prima l’ideologia abbandona l’immigrazione, prima si fa una legge di sano pragmatismo, prima diventiamo adulti e meglio sarà.