(di Bulldog) Non ho letto l’ultima fatica letteraria di Paolo Berizzi, ma ho seguito la presentazione in Fiera in streaming. E, alla fine, sono rimasto abbastanza deluso. Forse mi aspettavo di più io, forse Berizzi non ha voluto spoilerare troppo del suo libro (lo comprerò e vediamo di quanto mi sbaglio), ma tutto questo allarme sul neofascismo che rappresenta la minaccia di Verona, io proprio non l’ho trovato. Ho trovato, questo sì, un’efficace azione di marketing editoriale e politico cui è mancato il solito “contributo” di contromanifestazioni della destra radicale scaligera che è per Berizzi la fonte principale di ispirazione e di guadagno. Peccato, sarebbero stati passaggi gratis sulle televisioni nazionali…
Il marketing, tanto editoriale che politico, è pienamente legittimo e non mi scandalizzo per questo, però…però tutta questa grancassa per dire niente di nuovo mi pare esagerata.
Abel e Furlan non sono mai stati la destra veronese; gli assassini di Nicola Tommasoli sono stati tutti condannati e, mi pare, stanno com’è giusto nelle patrie galere; tutta la componente veneta della strategia della tensione degli Anni Settanta con Tosi, Sboarina, Bacciga e Formosa non ha proprio nulla a che fare dato che, banalmente, si tratta di un’altra generazione con la quale mancano punti di contatto ideologici, un linguaggio comune, il contatto su Whatsapp. Di cosa stiamo parlando?
La destra scaligera golpista degli anni settanta? Magari vi confondete con la sinistra golpista che diffondeva nelle occupazioni studentesche i manuali di guerriglia (a Verona, non a Milano) e che dava una mano a rapire il generale Dozier…
Il tifo identitario? Beh, ma il tifo non identitario è un ossimoro. La gente, in tutto il mondo, va allo stadio proprio per urlare contro “gli altri” e, in fondo, a questo serve uno stadio: a far sfogare il popolo.
Il comando delle SS? La Repubblica sociale? Il processo di Verona? Ciano e il Duce? Il fascismo originario fondato subito dopo San Sepolcro? Maddaì, chissenefrega? Chiedete a chiunque abbia meno di sessant’anni e troverete zero interesse.
Struca struca, sono tre le prove del “neofascismo” lanciate dal giornalista di Repubblica: la Verona omofoba; la Verona razzista “che non vuole i negri”; la Verona del Congresso mondiale della famiglia dove sono confluiti antiabortisti e anti LGBT e gli anti-teorie di genere.
Allora, la prima è facilmente smontabile: gli orientamenti sessuali, in questa Verona “omofoba”, non sono impedimento alla vita professionale e sociale di alcuno. Come giusto che sia. E non da oggi. Della vita pubblica, politica ed amministrativa della città gli omosessuali sono parte attiva. Come giusto che sia, e mi fa pure incazzare doverlo scrivere: perché la vita privata non è in discussione. A Verona è così.
Sul razzismo in una città che ha oramai l’11% della propria popolazione di origine non italiana ho molto da dissentire. Ci saranno stati sicuramente episodi spiacevoli nell’approccio e nel linguaggio (come è avvenuto sempre ovunque nel mondo all’arrivo di nuove genti in società già organizzate), ma Verona non è l’Alabama come dimostrano tantissimi esempi. Non soltanto legati al mondo clericale o “di sinistra”: guardate bene, ad esempio, chi dei nuovi veronesi era in campo alle ultime amministrative e in quale campo politico… Mi sembra più razzista chi favorisce lo sfruttamento alimentando la tratta di nuovi schiavi dall’Africa…
La Verona del congresso delle famiglie? Qual è il problema? Non è permesso avere idee diverse in tema di aborto, utero in affitto, teorie di genere? Che male vi fa se una parte dell’opinione pubblica crede che la vita inizi dal concepimento? Vi viene negato il diritto alla 194? Non mi pare. La Verona sempre più laica e sempre meno bacchettona, che non si sposa in chiesa e che divorzia quando vuole, non mette in discussione alcuna libertà di scelta.
Alla fine, struca struca, tutto questo show (compreso Landini che parla di diritti dei lavoratori dimenticando che è la Cina comunista – con la complicità dei governi occidentali socialdemocratici – col suo dumping sociale ad averci sottratto milioni di posti di lavoro) serve non a fare chiarezza, ma soltanto a rafforzare il proprio mercato di riferimento.
Quest’anno si vota; quest’anno c’è il centenario della marcia su Roma… Prepariamoci ad un anno in cui – dalla destra più radicale alla sinistra più movimentista – sarà la retorica a farla da padrona. Saluti romani contro bella ciao; la bella morte contro il mito della resistenza rossa (del contributo del Regio Esercito, dei partigiani bianchi e della Brigata ebraica non parla mai nessuno)… tutta vecchia politica gestita da vecchi politici (di testa e talvolta pure all’anagrafe) che vuole riportare indietro l’Italia. Stanno tornando i cattivi maestri e speriamo che i nostri figli siano più furbi di noi e non caschino nella loro retorica di morte.
Tutto questo, per mere ragioni di bottega. Sì, sono abbastanza deluso. Vogliamo dirlo: cheppalle!