Dopo le polemiche di ieri e dell’altro ieri per la falsa partenza dei tamponi “in uscita” in Veneto che ha creato dei disagi sia ai cittadini che alle farmacie la Regione Veneto ha comunicato quanto segue: “Dopo il via libera del ministero della Salute all’uso dei test antigenici di prima generazione, attualmente in uso alle farmacie, ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta, anche per determinare la guarigione dal Covid-19 e la fine del periodo di isolamento, abbiamo provveduto subito a garantire a tutti i cittadini questa opportunità dal 24 gennaio. Vanno rispettati gli intervalli minimi per programmare il test di fine isolamento, cioè una settimana per chi è completamente vaccinato o guarito da meno di 120 giorni, e 10 giorni per gli altri. Il tampone dev’essere effettuato dopo tre giorni senza sintomi”. Si è trattato di un disguido organizzativo ma i tamponi “in uscita” cominciano a funzionare oggi, che è in pratica il primo giorno, visto che alle farmacie le indicazioni da parte della Regione sono arrivate solo ieri alle 13. Siccome il tampone di fine isolamento è gratuito, vale a dire che dev’essere rimborsato alla farmacia dalla Regione, i farmacisti devono osservare tutte e regole stabilite dall’assessorato alla Sanità, pena il mancato rimborso. E qui iniziano le difficoltà perché non sempre i cittadini che vanno a fare il tampone “in uscita” sono in grado di dimostrare, documenti e codici alla mano, che sono stati in isolamento perché precedentemente trovati positivi. Insomma, l’idea di Zaia è buona, ma come spesso avviene in Italia ci sono dei disguidi di ordinaria burocrazia.